Un giallo in qualche modo anomalo, contaminato con leggiadria da un elemento fantastico che al giorno d'oggi abbiamo già visto al cinema e in TV in tutte le salse, ma che più di cinquant'anni fa rappresentava una graziosa "variazione sul tema": questo è Il morto che non riposa di Guy Cullingford (pseudonimo dietro cui si cela la poetessa inglese Constance Lindsay Taylor, secondo l'usanza comune a molti letterati del tempo di usare un nom de plume per poter scrivere impunemente romanzi polizieschi). Dopo le numerose permutazioni sul ruolo dell'assassino fatte da Agatha Christie (l'assassino è la voce narrante; l'assassino è il poliziotto; l'assassino è tutti o... "nessuno", come nel caso di Dieci piccoli indiani), un altro possibile campo di variazioni sul tema poteva essere dato dalla figura dell'investigatore. Ci voleva questo romanzo per trovare una strada senza precedenti nel poliziesco: chi indaga sull'omicidio di turno è infatti... il morto stesso! Divenuto spettro restio a raggiungere l'aldilà, lo scrittore Gilbert Worth decide di restare nella villa che lo ha visto morire. Il caso è stato archiviato come suicidio, ma il morto sa benissimo che è stato qualcun altro a sparargli in testa... e ha inizio così una indagine quasi "voyeuristica", con lo spettro che spia le conversazioni dei suoi congiunti in cerca della verità. Ben presto Worth scopre che due banali incidenti avvenuti in precedenza erano in realtà altrettanti tentativi falliti di attentare alla sua vita, e soprattutto che il quadretto agiografico della famiglia felice in realtà nascondeva più di un'ombra... tanto che tutti - compresa la giovane segretaria e il vicino di casa - avevano un valido movente per farlo fuori.
Una serie di rivelazioni progressive contribuirà a demolire le certezze dello spettro sul mondo che credeva di conoscere così bene, gettando nuova luce sui suoi rapporti coi propri famigliari e quindi anche con la sua identità personale. Quasi un percorso di purificazione interiore dalle proprie malefatte, un purgatorio personale a metà fra questo mondo e quell'altro.
La trovata dello spettro potrebbe far storcere il naso ai "puristi" del genere giallo: resta comunque il fatto che l'intreccio è estremamente solido e i personaggi molto ben caratterizzati ed estremamente credibili. Un colpo di scena finale (che ovviamente non riveliamo) provvederà comunque, con estrema arguzia, a far quadrare perfettamente il cerchio e a far rientrare Il morto che non riposa, pur se per il rotto della cuffia, nel più puro dei romanzi gialli classici.
Un ottimo esemplare dunque per la collana I bassotti della Polillo Editore, un libro che il critico H. R. F. Keating include nella sua lista dei 100 migliori gialli di tutti i tempi.
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