Bari, Bologna, Torino: tre città, tre tappe in un viaggio diagonale che attraversa il nostro paese. Chiara non ha ancora diciotto anni, è piccola e si sente inadeguata, eppure finisce al centro di tutte le tre storie. È insieme a lei che il viaggio si compie: fa freddo in Italia.

 

Editrice Zona pubblica in un unico volume la trilogia di Luigi Bernardi Atlante freddo (composta dai romanzi Vittima facile, Rosa piccola e Musica finita). A Bologna, sabato 4 marzo, alle ore 17 l'autore, accompagnato da Giampiero Rigosi, presenterà il volume presso la Libreria Irnerio in Via Irnerio 27. Seguirà aperitivo.

 

Atlante Freddo di Lugi Bernardi (Editrice Zona, 2006) - pag. 224 - euro 18.00

 

Tre romanzi che rileggono il noir in modo non scontato. Lontani dagli stereotipi del genere, i personaggi non interpretano una trama qualsiasi: l’affrontano, la sudano, alcuni ne muoiono. La scrittura asciutta, incisiva, eppure riscaldata da fiammanti tenerezze, fa di Atlante freddo un testo di straordinaria intensità, lirico a dispetto della spietata durezza. 

Bernardi traghetta dalla sociologia dell’emarginazione verso i sorprendenti lidi di un’irsuta poesia metropolitana. Giancarlo De Cataldo

Forse il più manchettiano dei neri italiani. Bernardi raggiunge l’apice della glacialità e del cinismo d’autore: un colpo unico, lineare, precisissimo, che colpisce la fronte di chi pensa che l’ambiguità possa essere emendata dalla vita. Giuseppe Genna

Ecco come ce li presenta l'autore Luigi Bernardi:

 

Vittima facile Il capito iniziale di Atlante freddo l'ho ambientato a Bari.

È una città che conosco pochissimo, ma me ne serviva una nella quale la presenza di criminalità organizzata fosse così forte, radicata e rispettata da costituire un punto di arrivo, e il farne parte un'ambizione da nutrire.

Avevo letto su un giornale la notizia dell'arresto di un ragazzo. Lui aveva confessato una serie di piccoli furti con l'esigenza di farsi notare, di dimostrare la propria bravura agli occhi delle organizzazioni criminali. L'ho trovata un'idea folgorante per una storia. Da lì è nato Vincenzino.

Vincenzino, il protagonista di Vittima facile, è un giovane malavitoso. L'apprendistato lo ha fatto, gli esami all'università della strada li ha dati tutti, ed è sempre stato promosso. Gli manca il pezzo di carta, la laurea, quel biglietto da visita che solo l'appartenenza a un clan può garantire.

Vincenzino vuole "essere assunto" dalla criminalità organizzata, come l'anonimo protagonista di quel fatto di cronaca che avevo letto. Sa che solo le organizzazioni criminali gli possono garantire la sua fetta di futuro. Non sa che le stesse organizzazioni criminali, almeno quelle della sua città sono in crisi, vivono un momento di passaggio altamente drammatico, e per sopravvivere devono venire a patti con le cosche straniere, più ricche, potenti, spietate.

Vittima facile è la storia del rapimento di una persona sbagliata, ed è anche il ritratto di una città insofferente, che ha voglia di cambiare e si aggrappa alla speranza di avere trovato il modo per farlo. È la storia, claustrofibica e spietata, di illusioni che si nutrono a catena. E di Chiara, una ragazzina che viene a trovarsi dentro un meccanismo talmente più grande di lei da lasciarle una via di fuga.

Rosa piccola Il capitolo centrale della trilogia l'ho ambientato a Bologna, la mia città.

C'è chi dice che Bologna sia luogo di mistero, fatto apposta per il romanzo giallo. Non è vero, ci vuole poco a capire che si tratta soltanto di uno slogan per vendere libri o emozioni vaghe, che da questo punto di vista Bologna è uguale a qualsiasi altra città italiana.

Di Bologna mi interessava raccontare proprio il suo essere simile a tante altre città, il suo avere una vita di marginalità, un'economia sommersa, il diventare centro di piccoli traffici, a volte del tutto improvvisati, e non sempre innocenti.

Ne è uscita una storia corale e notturna, antieroica per eccellenza: la storia che ci si può immaginare camminando per le strade del centro, guardando le persone che s'incontrano, fantasticando intorno alla loro esistenza. Ed è così che sono nati Nina, la venditrice di rose; Pedro, il poeta costretto a prosaicità necessarie; Natale, il piazzista latin-lover suo malgrado, e Mugne... Mugne l'ho conosciuto per davvero, era diverso da quello che poi ho raccontato, ma aveva uno di quei nomi dei quali ci si infatua perdutamente. A legarli il modo all'apparenza indissolubile, Benfenati: l'unico bolognese, uno che cerca di tirar su soldi da ogni occasione.

Chiara a Bologna scopre la difficoltà di vivere lontano da casa, aumenta il carico delle proprie domande, continua a non trovare uno straccio di risposta. Anche quello che aveva sperato essere un punto di arrivo – l'amore – si pone come ostacolo alla consapevolezza che sta cercando.

Rosa piccola mette in scena anche un paio di buffi personaggi, Marea e Cagnone, il gigante grasso che indossa sempre la maglia della Juventus (la numero 20 di Tacchinardi: la storia è ambientata nel 1999 e quello era il numero del calciatore, prima che optasse per il 3). Ho cercato di portarli anche in Musica finita, ma di fatto non c'entravano niente. Non è improbabile che li riprenda per altre storie, magari qualche racconto.

Musica finita Il capitolo finale della trilogia l'ho ambientato a Torino, una città che conosco in modo superficiale ma che funzionava benissimo per la storia che avevo in mente di raccontare.

Intanto perché è stato il primo centro italiano dove sono esplose le problematiche legate all'immigrazione, e poi anche perché in passato è stata teatro di numerosi episodi legati alla lotta armata.

La nascita delle organizzazioni criminali è un po' una mia ossessione. Musica finita ne racconta una, inventata ma del tutto plausibile. Le imprese affaristiche di Abdellah, da me un po' caricaturizzate, non sono altro che la riproposizione in scala minore dei meccanismi della grande criminalità, nonché l'applicazione al nero delle formule che governano l'economia legale.

Musica finita è probabilmente il capitolo più drammatico della trilogia, oltre a quello più politico. I movimenti dei vari personaggi si intrecciano in modo più convulso e risolutivo. Accadeva più o meno lo stesso anche in Rosa piccola, lì però si trattava di storie che entravano in contatto fra di loro in modo quasi casuale. Qui la vicenda è una soltanto, per tutti i personaggi che vi sono coinvolti, dall'inizio alla fine.

Politicamente Musica finita rappresenta una presa di distanza dalle letture che i movimenti molto spesso fanno dei propri passati, nonché dalla facilità con la quale sconfitte storicamente inappellabili vengono fatte passare per vittorie, o comunque per azioni che pretendono le categorie del mito. L'inossidabilità di questi "cattivi maestri" non permette ai nuovi movimenti di strapparsi dall'eredità di quelle sconfitte, finendo loro stessi per durare una stagione, salvo sporadicamente risorgere in situazioni emergenziali, vere o presunte.

Vittima facile si svolgeva nell'arco di un paio di giorni, sia pure con flashback che catturavano episodi anche di qualche anno prima. L'azione di Rosa piccola e Musica finita durano rispettivamente una notte e un giorno, entrambi con un piccolo prologo e un epilogo, che in Musica finita apre agli ultimi due capitoli, che concludono il romanzo e l'insieme della trilogia.