Vittorio Sacco, detto Vic, aveva montato e smontato la sua pistola tre volte in una sola mattinata, aveva spostato i mobili della stanza una decina di volte, aveva anche preso in considerazione l’idea di mettersi a lavare i vetri delle finestre: erano sporchi da far schifo. Insomma, si stava rompendo di brutto. Erano due giorni che se ne stavano rinchiusi in quel cesso d’albergo senza poter uscire, l’unica persona che vedevano era il ragazzo del servizio in camera, che per inciso gli stava pure sui coglioni. Vittorio non capiva come faceva Oscar a starsene calmo. Era sempre lì sdraiato sul letto che guardava la tv, mangiava pizza e ruttava. Sembrava divertirsi un mondo a non fare un cazzo dalla mattina alla sera.

- Oscar, dov’è Salvatore?

Oscar Raimondi, detto cinghiale, si voltò leggermente, ma senza distogliere lo sguardo dal film Western che stava seguendo - E dove vuoi che sia, se non è in camera sarà in bagno che se la sta facendo sotto ancora una volta.

Oscar tornò al suo film mentre Vittorio andava a bussare alla porta del bagno.

- Totò va tutto bene? Ti senti male?

Lo sciacquone del bagno rispose alle sue domande. La porta si aprì. Salvatore era uno straccio. Era sempre più pallido, con i capelli spettinati, la fronte e il viso bagnati di sudore, la camicia spiegazzata fuori dai pantaloni. Salvatore si rimise a posto gli occhiali che continuavano a scivolargli dal naso.

- Tutto a posto signor Sacco, ho solo un po’ di voltastomaco.

- Totò, te l’ho già detto. Chiamami Vic.

- Ok Vic, non si preoccupi, è solo la tensione.

- Va bene Totò, ora vai di là stenditi un po’ sul letto e riposati.

- Ok. - Salvatore si mosse, ubbidiente come sempre, andò nella sua camera, si tolse le scarpe e si mise sul letto.

Vittorio tornò di là. - Oscar, se quello continua così, al processo non ci arriva di sicuro.

- Che vuoi dire?

- Voglio dire che tra un po’ si becca un bell’infarto.

- Beh … pure tu ti beccheresti un bell’infarto se Alfredo il Greco ti volesse fare la pelle.

- Anche questo è vero, ma dobbiamo fare lo stesso qualcosa. Salvatore si deve calmare.

- Senti Vic, il nostro compito è proteggerlo, mica leccargli il culo. E poi io non lo posso vedere, sempre pronto a piagnucolare con quella sua faccia da sfigato. Se tu vuoi consolarlo, fargli compagnia, coccolarlo... fa pure, ma a me lasciami stare. Domani arriva il cambio e se tutto va bene io e Totò non ci dovremmo più rivedere.

Vittorio capì il messaggio e stette zitto.

- Ehi Vic già che sei in piedi perché non mi passi una birra?

Vittorio passò la birra a Oscar, anche se l’impulso era di tirargliela. Il telefono squillò. Doveva essere il capitano, solo lui aveva quel numero. Vic prese il ricevitore.

- Pronto, capitano? sono Vittorio. Cos… ah… si, mi scusi signore, io credev…sì, va bene, fra due ore, come vuole signore… signorsì signore… certamente… a presto signore. - Vic posò il telefono.

- Ehi Vic che cosa voleva il capo?

- Non era il capitano Oscar, era il procuratore capo, ha detto che fra due ore sarà qui, vuole parlare con Totò.

- O porco mondo! - Oscar si alzò di scatto dal letto, prese la camicia e la giacca che aveva abbandonato su una sedia. Poi ci ripensò e le ributtò sul letto.

- Senti Vic, io vado a farmi una doccia, poi mi do un’aggiustata. Tu stai benissimo così e… - mentre si avviava al bagno Oscar si affacciò nella camera di Salvatore. - Ehi Totò! datti anche tu una ripulita, sembra che qualcuno ti abbia masticato e poi sputato. Mi raccomando, non farci fare figure di merda. - Oscar si infilò in bagno mentre Salvatore si alzava a fatica dal letto. Era sempre più pallido, Vic era seriamente preoccupato.

- Sei un po’ nervoso Totò?

- No signore, ho già parlato con il procuratore, è una persona molto gentile.

Vittorio trattenne a stento le risa. Aveva sentito chiamare in tutti i modi il procuratore De Blasi, ma mai, proprio mai, aveva sentito dire che era una persona molto gentile. Di solito l’epiteto più ricorrente che sentiva sul procuratore era stronzo oppure, a seconda dei gusti, bastardo o figlio di…