Vale la pena avvicinarsi alla collana I bassotti della Polillo Editore, che ripropone una serie di antichi "gialli da salvare", vere e proprie pietre miliari di un genere che affascina i suoi lettori da almeno centocinquant'anni. Un'operazione da scoprire con l'animo di un collezionista alla ricerca di tesori sepolti, magari un po' lontani dal gusto moderno ma proprio per questo ancora più importanti, per comprendere come il giallo contemporaneo si sia differenziato da quello delle origini.
Perché dunque non leggere quel piccolo gioiello che è Il problema della cella n. 13, uscito a puntate sul Boston American giusto un secolo fa? Il protagonista di questo racconto lungo di Jacques Futrelle è il professor Van Dusen, meglio noto come "la Macchina Pensante" (nonché protagonista di altre opere dello stesso autore).
Van Dusen è la perfetta dimostrazione cartacea di come la mente possa realizzare qualsiasi impresa: la Macchina Pensante viene sfidata a evadere da un carcere di massima sicurezza nel giro di una settimana, potendo contare solo sulla propria "potenza di calcolo" per superare sbarre di ferro, perquisizioni, controlli estenuanti.
E... ci riesce. Accidenti se ci riesce.
Un giallo anomalo, quasi enigmistico: non a caso il giornale su cui venne pubblicato originariamente indisse un concorso a premi fra i lettori per chi fosse riuscito a risolvere il mistero. Una piccola opera che a un secolo di distanza è ancora in grado di stimolare la mente di qualsiasi lettore, anche quello più smaliziato di fronte ai gialli del periodo d'oro.
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