Cavie è un romanzo eccessivo, grottesco, schizofrenico: il sottotitolo “un romanzo di storie” è necessario per capire cosa sia questo libro e quale sia il suo limite.
L’impianto è questo: un gruppo di aspiranti scrittori risponde all’annuncio “abbandona la tua vita per tre mesi” pensando di potersi finalmente lasciar alle spalle il quotidiano per dedicarsi totalmente alla creazione del Libro. Si troverà in realtà rinchiuso in un vecchio teatro a inscenare un feroce gioco al massacro che aumenterà di ferocia in modo inversamente proporzionale alla progressiva mancanza di cibo, elettricità, riscaldamento.
In questo contesto si raccontano le 23 storie dei protagonisti.
La struttura del romanzo, nel quale i protagonisti sono appunto cavie di questo reality show sull’ambizione umana e sulla ricerca di celebrità, alla fine non convince: è come se ci fosse una sorta di “trasgressione da copione”, per cui si può trovare esattamente ciò che ci si aspetta dal buon vecchio Chuck. Siamo lontanissimi da quel capolavoro di nichilismo che è Fight Club, da quella rappresentazione così ferocemente e deliziosamente critica dell’America: libro che si può amare o detestare a pelle, ma comunque secco, spiazzante, empatico (chi, avendolo amato, non ha guardato con occhi diversi il proprio arredamento IKEA o non ha avuto strane idee per la testa in certi briefing aziendali?… )
Cavie, come quanto romanzo, sa un po’ di stantio, non ha smalto: da questo punto di vista lo si può tranquillamente giudicare mediocre.
Dove Chuck Palahniuk è sicuramente in grado di sorprendere è nei 23 racconti individuali dei protagonisti: azzardato il paragone con Chaucer o Boccaccio, ma alcune storie sorprendono per la loro stralunata bellezza, per il divertimento grottesco, per il sublime senso dell’assurdo. Si trovano sprazzi di cinica e infantile poesia che ricordano i precedenti Ninna Nanna e Diary, e se si è dotati di humour nero a tratti questi racconti possono essere decisamente esilaranti. Per quanto non vi sia unità stilistica tra tutti loro, alcuni sono veramente belli.
Per questo motivo Cavie è anche un bel libro: pare che, per ammissione stessa dello scrittore, questo libro sia nato come raccolta di racconti e solo per esigenze editoriali sia dovuto diventare romanzo. Forse non sarebbe male nemmeno se l’autore si prendesse una pausa per ricaricare energie e adrenalina.
Detto questo, si può consigliare Cavie? Se non è il primo libro di Palahniuk che si legge, e se lo si prende come una buona raccolta di racconti, sicuramente sì.
Non fosse altro che per quelle pagine corrosive che hanno fatto di questo scrittore un autore cult a cavallo tra i due millenni.
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