Abbiamo incrociato - o meglio, travolto - Nino Filastò in occasione della recensione di La collezione, racconto compreso nell'antologia Duri a morire, indicandolo come anello debole della raccolta.

A volte, e per fortuna, ci si deve ricredere; tant'è che l'avvocato/scrittore fiorentino scrive con Aringa rossa un buon romanzo, quadrato sotto ogni punto di vista, per dirla coi muratori, perfettamente "in bolla": struttura, ritmo, personaggi, scrittura. Tutto veramente molto riuscito.

Protagonisti sono l'avvocato Scalzi, personaggio seriale d'autore, il morto, ovviamente, che di nome fa Jacopo Brancas, detto Ticchie, topo di biblioteca e quasi barbone. E ancora: un'investigatrice privata, una giovanissima e sensuale zingara, un prete spretato, Masaccio, un biscazziere ed ex galeotto, molti altri vari ed eventuali e, infine, Firenze; una città che, come nella tradizione del giallo nostrano, non è quel che sembra, più piccola rispetto alle sue architetture, terreno fertile per il mistero. Altro che "culla del rinascimento", con buona pace del Lorenzo televisivo amante della fettunta.

Aringa Rossa indaga in molte direzioni e affronta diverse tematiche; alcune molto attuali, come il rapporto tra diverse religioni e in particolare l'Islam e il Cristianesimo, altre ugualmente affascinati, come l'arte e una nuova giurisprudenza che la tuteli.

Godibile, ironico, intelligente.