L’uomo in uniforme entrò in casa e vide l’anziana signora sgranare gli occhi e portarsi una mano alla bocca. Fuori la neve cadeva fitta.
— È successo qualcosa a Matteo?
— No signora… — rispose gentile.
— …non ancora — scappò di bocca al compagno che era entrato dopo di lui. Non gli dette il tempo di concludere, quell’ancora gli uscì insieme a una specie di ghigno, ma terminò storpiato in uno strano lamento soffocato. Il poliziotto sorrise alla donna e tolse lentamente il tacco della scarpa dal piede del collega, mentre dalle scale stava scendendo il marito.
Matteo non era ancora tornato da scuola, la neve stava rallentando il traffico e gli autobus accumulavano ritardi enormi. I nonni erano visibilmente in ansia e continuavano a spostare lo sguardo da loro all’orologio e alla finestra.
— Il ragazzo doveva stare a casa. Non dà mai retta — iniziò a brontolare il nonno. — Si è fatto gli esami del sangue stamattina, si può stare a casa quando ci si fanno gli esami!
— Guardi qua. — La signora si era già procurata il libretto sanitario e lo stava porgendo al poliziotto, che iniziò a esaminarlo.
— Questi sono carabinieri, non gli interessa il libretto! Però doveva stare a casa lo stesso. Vero che doveva stare a casa?
L’agente sfruttò l’occasione per dare una rapida occhiata al gruppo sanguigno del ragazzo: zero negativo. Perfetto, niente errori nelle schede dell’ospedale, era già qualcosa. Fece un impercettibile cenno di assenso in direzione del compagno, che intanto si era accomodato sul divano. Poi riportò l’attenzione sul nonno.
— Non siamo carabinieri, signore. Siamo agenti della polizia stradale.
— E allora perché non andate ad aiutare i pullman? — iniziò la signora, riprendendosi il libretto. — La neve mi fa paura.
— Se il ragazzo c’aveva dato retta… — riprese a sbraitare il vecchio. Ma non finì la frase. Matteo era appena arrivato, stava infilando la chiave nella serratura. Il poliziotto sussurrò qualcosa all’orecchio del collega, poi andò verso la porta.
— Che succ… — Non diede tempo a Matteo di finire la frase. Con una mano gli tappò la bocca, con l’altra lo tirò dentro e lo bloccò in un abbraccio serrato. L’agente che era rimasto seduto estrasse la pistola con silenziatore e la puntò verso il nonno. Due colpi sordi alla testa e l'uomo cadde ai piedi della moglie, come un sacco. La donna impiegò qualche secondo per capire, poi cacciò un urlo, spezzato a metà da un altro colpo sordo, seguito da altri due.
— Imbecille! Ti avevo appena detto di sparare prima a lei. Lo sai che le donne urlano.
Intanto il ragazzino si agitava, senza staccare gli occhi ormai pieni di lacrime dal pavimento insanguinato.
— E poi che cazzo voleva dire “ancora no”? Vuoi raccontare a tutto il mondo cosa siamo venuti a fare? Andiamo, muovi il culo.
— Scusa Capo. Ma così è stato più divertente.
— Sei un idiota. Se fai un’altra volta di testa tua ti spezzo le gambe. Ora muoviti.
I due in uniforme presero Matteo di peso e lasciarono la casa. Aprirono il portello posteriore del furgone blindato e ce lo spinsero dentro. Quello che lo aveva immobilizzato entrò per un attimo con lui e gli legò le mani e tappò la bocca con il nastro isolante. Poi uscì e chiuse. Quindi si mise alla guida e il furgone partì.
* * *
BB492DF. La combinazione di lettere e numeri è una targa del cazzo dietro a un furgone bianco del cazzo. Per quanto tempo si può guardare la stessa targa prima di avere voglia di prenderla a calci? O di pisciarci prima sopra e poi prenderla a calci? La sensazione di aver letto il cartello dell’uscita “Siena nord” due ore fa e di non esserci ancora arrivato è schifosa. Fa diventare l’altra scritta “Firenze 72 km” un miraggio inquietante. Anche il segnale che ho davanti agli occhi è schifoso. Dentro c’è disegnato un cervo. Attenzione, attraversamento animali. Come se un animale della grandezza di un cervo potesse attraversare una strada come questa, intasata che non riuscirei nemmeno a scendere di macchina per andare a pisciarci davvero sulla targa davanti. E poi sarebbe meglio se mettessero un cartello per i cervi. Attenti, coglioni, c’è una strada qui, che cazzo ci fate? I cervi sono troppo stupidi per capire i segnali stradali? Provate a fare due chiacchiere con il pezzo di merda che guida il furgone davanti, così capite che potrebbero dargli pure la patente, ai cervi.
La bambina tossisce. Vaffanculo anche a lei, con un padre così sarebbe più fortunata se saltasse in aria con tutto il furgone.
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