"Occhi aperti, sempre. Associavo gli occhi chiusi alla paura e gli occhi aperti, banalmente, al coraggio. Guardare dritto in faccia il problema o l’avversario o quello che sia. Una delle mie poche certezze."
Bari, fine 2001. Tra casi di pedofilia e truffe, una sera l’avvocato Guido Guerrieri riceve la visita di un amico ispettore di Polizia e di una ragazza sconosciuta: sulla trentina, alta, jeans scoloriti, tipico stile maschio di poliziotta. Una faccia di una con cui non vorresti litigare; un volto da cui trapela inquietudine.
"…e lei è suor Claudia", la presenta l’ispettore. Direttrice di una comunità che accoglie donne vittime di violenze e sottratte ai mariti e agli aguzzini. Tra le collaboratrici del centro, una ragazza, Martina, è stata maltrattata dal compagno e ha avuto la forza di denunciarlo. E ora cerca un avvocato che la difenda: una situazione delicata, perché il molestatore è un noto professionista, figlio del presidente di una delle sezioni della Corte d’Appello. Un uomo potente, contro il quale, come dire?, è meglio non mettersi. Anche perché prove a suo discapito non ce ne sono: solo la parola di Martina, anoressica, psicologicamente fragile, che lui vuol far passare per mitomane e pazza.
La voce di Claudia, anzi suor Claudia, è morbida, femminile, in contrasto con il suo aspetto: quasi ipnotica, mentre perora la causa di Martina. Deve saper cantare, pensa Guido. Il quale non si sente costretto ad accettare l’incarico. Ma in caso di rifiuto? Suor Claudia non ha la faccia di una che capirebbe un diniego reiterato per questioni di principio o di eccessivo carico di lavoro.
Perché non accettare, si dice Guido. In fondo, un cliente è uguale all’altro… E i lineamenti di suor Claudia, a queste parole, si rilassano in un qualcosa di simile al sollievo.
Si accende allora, fuori e dentro l’aula, una sfida fra l’avvocato e la suora misteriosa. Che cosa si cela dietro lo sguardo affilato di lei? Perché pratica arti marziali? Si ispira, per caso, al principio secondo cui la vittoria consiste nel trovare il punto di equilibrio fra resistenza e cedevolezza e "fare esattamente il contrario di quel che l’avversario si aspetta»? Sarebbe veramente capace di uccidere un uomo, per rabbia o per vendetta? Sì, conclude l’avvocato, osservandola in tribunale mentre scruta il molestatore dell’amica; sì, perché «pochi sentimenti, poche emozioni si mescolano fra loro con tanta forza, come l’odio e la paura. Poi uno si comporta in un modo o nell’altro, a seconda di quello che prevale. La paura o l’odio."
In un crescendo di tensione, segnato da un epilogo repentino e imprevisto, l’avvocato Guerrieri riesce finalmente ad aprire gli occhi e a superare un trauma irrisolto della propria adolescenza.
In questo romanzo, Ad occhi chiusi, la penna di Carofiglio ci stupisce, di nuovo, per la sua forza e incisività, regalandoci un protagonista, l’avvocato Guido Guerrieri, di grande umanità, consapevole dei propri limiti - ma con il desiderio segreto di essere un po’ più mascalzone, - e una galleria di personaggi vivissimi – dalla pubblico ministero indurita nell’animo ma coraggiosa, al giudice accomodante, all’avvocato mellifluo della difesa, all’imputato cinico -. Al punto che, presi dal piacere della lettura, vorremmo dire, citando il poeta Costantino Kavafis, …"non affrettare il viaggio; / fa’ che duri a lungo, per anni…."
A chi gli chiede come riesca a conciliare il rigore di magistrato e la vena creativa di scrittore, Gianrico Carofiglio risponde che "è un po’ come stare su due tavole da surf, piede destra sull’una e piede sinistro sull’altra."
Un successo editoriale, quello dell’avvocato Guerrieri, che diventerà, nel 2005, anche serie televisiva in due episodi.
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