Provvediamo solo ora a una grave mancanza, la recensione di Genia di Gianfranco Nerozzi, ad un anno dalla sua pubblicazione e a un soffio dalla stampa di Resurrectum, il secondo capitolo della saga (il terzo, se si considera il "prequel" non ufficiale di Cuori perduti, vincitore del Premio Tedeschi e uscito qualche anno fa nella collana Gialli Mondadori).
Per comodità, su TM il libro è stato inserito tra i noir, in nome della spiccata tendenza di questo genere al "crossover", anche se dare un'etichetta sola a questo romanzo risulterebbe comunque riduttivo: in giro si legge di saga splatter-religiosa tra X-Files e Millennium, di horror contamitato dal giallo con un pizzico di romanticismo, di noir, appunto. Genia è tutte queste cose e nessuna. E poi si sa, le etichette lasciano il tempo che trovano.
Dal sito della casa editrice, la trama in soldoni: "In un ospedale psichiatrico, durante un esperimento terapeutico volto a tradurre le onde cerebrali in suoni, nella mente di Orlando Franci, uno psicopatico criminale in coma, vengono rilevate delle trasmissioni radio provenienti dal passato che sembrano riferirsi a un misterioso atterraggio di meteoriti avvenuto nell'anno 1933. Il capitano Michele Santonero, l'ufficiale dei carabinieri che ha catturato Franci, viene convocato per prederne atto.
Ma qual è il filo che lega questa assurdità percettivo-temporale a un killer che sta colpendo in modo agghiacciante membri del clero in occasione del Convegno Eucaristico che si sta svolgendo a Bologna? Perché un insospettabile professore di musica impazzisce e brucia i polmoni della moglie? Cosa si nasconde dietro una strage di poliziotti che indagano su una misteriosa cerchia di potere occulto? Gli interrogativi si moltiplicano e tutto sembra ricondursi a un vangelo apocrifo in cui si parla della genia dei Lamenti, i demoni portatori di dolore. Santonero si troverà ad affrontare l'impossibile, accompagnato da Angela, la donna che ama, afflitta da una malattia incurabile la cui radice potrebbe trovarsi nella delirante ipotesi di un contagio collettivo".
E questo solo per suonare il primo movimento della danza macabra dell'assurda apocalisse nerozziana che continuerà, come si è detto, coi prossimi capitoli della saga.
La scrittura e lo stile sono cristallini e affilati almeno quanto inquietanti sono gli interrogativi sulla presenza pervasiva del male nel mondo che sorgono durante la lettura.
Gianfranco Nerozzi dimostra di possedere la maturità necessaria per affrontare un tema che, volente o nolente, è diventato un cliché e un topos letterario abbastanza logoro. Se avrà l'abilità di "spalmare", senza fallire, un simile contenuto sui prossimi capitoli, lo si vedrà nell'immediato futuro.
Anche se il futuro immaginato da Nerozzi non è affatto rassicurante.
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