Dopo L'ultima sequenza, dedicato alla lavorazione di Otto e mezzo di Federico Fellini, Mario Sesti (uno dei più illuminati critici cinematografici italiani) torna al documentario per ricostruire l'ultimo film di Pier Paolo Pasolini che si sarebbe dovuto intitolare Porno Theo Kolossal.
Il viaggio di due personaggi interpretati da Edoardo De Filippo e Ninetto Davoli attraverso alcune città d'Europa (Napoli, Roma, Milano e Parigi) diventa un percorso spaventoso ed iniziatico alla scoperta non solo del perbenismo e della morale anni Settanta, ma - sopratutto - della filosofia di Pier Paolo Pasolini.
Il problema è che il documentario - a un certo punto - sfugge di mano ai suoi autori diventando quello che - in genere - può rappresentare un incubo per qualsiasi giornalista si cimenti con la macchina da presa: Arte.
La voce di Pasolini prende forma e diventa un'altra volta cinema: sia nelle parole stesse del poeta, sia nella loro interpretazione da parte di Toni Servillo che diventa così l'alter ego cinematografico di Pasolini quando i documenti sonori devono lasciare spazio a quelli scritti.
Eduardo e Ninetto Davoli prendono forma grazie ad animazioni molto originali e raffinate, con il loro viaggio che va di pari passo con le riflessioni di Pasolini sull'immoralità di un paese come l'Italia e le sue inquietudini.
A trenta anni di distanza dalla sua morte, l'analisi di Pasolini è spietata, lucida e lungimirante mettendo il pubblico dinanzi a qualcosa di profetico e astratto, violento e 'terragno'. Sesti e Cerami, tra materiali d'archivio, fotografie, documentati filmati e solanto sonori ricostruiscono la voce di Pasolini come un'epopea post moderna tanto lacerante quanto travolgente.
Senza risparmiare nessuno La voce di Pasolini torna dall'oltretombra per colpirci suo malgrado senza pietà e per guardare alla nostra società con quel misto di compassione e disincanto che costituisce la radice del genio e del talento del regista assassinato.
In un impasto tra il metafisico e il politico sulla terra di confine tra videoarte e cinema, Mario Sesti & Matteo Cerami sorprendono il pubblico con qualcosa di tanto originale quanto insolito, svegliando Pasolini dal suo sonno di morte e scatenando qualcosa che è difficile dimenticare.
Come dice Shakespeare nel monologo dell'Amleto: 'nessun viaggiatore torna dai confini della morte per confondere le volontà dei mortali'. In questo senso, con un'idea di valore dell'esempio e di forza della lezione morale molto classica, Sesti e Cerami riportano in vita il pensiero e la voce di Pasolini come un flusso incontenibile di coscienza, in cui il pubblico si trova travolto e sul quale - necessariamente - è costretto a meditare.
Lo sguardo finale in macchina di Toni Servillo dopo la lettura del testo coincide con quello di Pasolini. Dopo la voce, lo sguardo dell'attore 'in character' è diretto alla nostra anima.
La voce di Pasolini non c'è più. Lo sguardo è difficile da sostenere e il poeta ritorna al suo sonno, con le parole che finiscono. La voce si acquieta con il documentario che finisce, ma che - inevitabilmente come tutti i capolavori - non termina.
Citando il finale dell'Amleto possiamo dire che dopo la voce di Pasolini: "il resto è silenzio."
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