Sabina, di professione doppiatrice, è tormentata da un incubo che sistematicamente si ripete e che la riporta a qualche tragico evento che la vide coinvolta quando era poco più che una bambina…

 

Inutile girarci incontro: La bestia nel cuore di Cristina Comencini è un riuscito assai esempio di thriller spacciato per una commedia drammatica con al centro una donna che soffre per qualcosa che si insinua nei suoi ricordi sotto forma di incubo, ma attenzione, perché è qui che sta il bello, che qualcuno (la regia, molto probabilmente…) decide, forse perché non nutre interesse al riguardo, di privare di qualsiasi forma di suspense, come dimostra ampiamente la quantità di informazioni fornite sul responsabile stesso degli incubi, rivelazione spiattellata nei primi minuti del film.

Quindi, a una cornice per certi versi hitchcockiana, mutatis mutandis una sorta di Marnie, con lo spettatore che prima ha a che fare con Sabina/1 che non sa (ma lui, lo spettatore, già sa…), e poi Sabina/2 che sa (perché il fratello le ha raccontato i pezzi che mancavano…), corrisponde come già detto l’azzeramento totale di qualsivoglia curiosità “su chi sia mai il responsabile di…”.

L’inserimento di una storia parallela molto politically correct, molto coppie di fatto (la storia d’amore tra la Finocchiaro e la Rocca) per più di qualcuno finisce con l’entrarci come i cavoli a merenda.

Cui prodest tutto ciò? Al thriller no, e tanto meno al cinema italiano che sbiadisce ancora un altro po’ (magari gioverà agli sceneggiatori che così mostrano di seguire l’attualità).

La Coppa Volpi, che sarebbe stato bello fosse finita alla Finocchiaro (ma quando mai…), è finita invece alla Mezzogiorno alla 62ma Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.