L’istinto innaturale è un noir futuristico in cui due donne della polizia indagano su un serial killer amante di efferate evirazioni, libero di agire in una Roma che nel tempo ha perso la sua identità di caput mundi, diventando una metropoli smarrita e frammentata.
Luisa Gasbarri affronta sotto forma di movente il tema del "conflitto più universale e ancestrale", quello tra i sessi, sospendendolo tra androidi e dee antiche e misteriose, aspetti di un mito allo stesso tempo classico e futuribile, che poi– si legge nel romanzo – "è l’essere profondo delle cose", che va interrogato, "intuito nell’intimo, mai spiegato, come la poesia".
I presupposti sono molto interessanti ma purtroppo restano tali: non si esplicano, si diluiscono in una narrazione ricca sì, ma che si autocompiace, dispersiva, qualche volta ridondante. Il background resta sullo sfondo, come solo elemento scenografico, senza permeare i personaggi. Peccato. Spunti interessanti come la dicotomia tra un presente/futuro narrativo e un passato atavico e dionisiaco, restano solo accennati.
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