“Per questi motivi” è il titolo dell’ultimo libro, edito da SEM, di Giancarlo De Cataldo, per questa volta non nelle vesti di romanziere, bensì di magistrato e scrittore, che si nutrono a vicenda. Il titolo, spiegato nelle prime righe e, a parte il sottotitolo “Autobiografia criminale di un paese”, si riferisce alla sigla PQM, della “formula con la quale noi giudici penali usiamo inaugurare la lettura del dispositivo della sentenza: quello che nella percezione comune è il verdetto. ‘Per questi motivi’ qualcuno è colpevole e qualcun altro innocente. ‘Per questi motivi’ qualcuno viene condannato a vent’anni di reclusione e qualcun altro – invece – viene assolto e scarcerato”.
La formula conferma una regola che ormai credo faccia parte del bagaglio di gran parte dei cittadini, ovvero che esista una verità e che non sempre la condanna o l’assoluzione corrispondano a questa verità: ad esempio, una persona può essere il colpevole di un delitto, ma se le prove e altri elementi della colpevolezza non sono certe, sicure, col rischio di condannare un innocente, c’è l’assoluzione.
A riguardo, De Cataldo racconta dieci delitti clamorosi che hanno portato a entrambi i risultati, quasi tutti delitti entrati nella memoria collettiva del nostro Paese, alcuni dei quali risalgono addirittura a quando l’autore era ancora bambino e ragazzo (ad esempio, il delitto di Christa Wanninger, risalente al 1963, quando De Cataldo aveva 7 anni) e altri al tempo in cui non era ancora magistrato ma aspirante giornalista (l’uccisione del Vice Presidente del CSM, Vittorio Bachelet) o dei quali ha avuto le mani in pasta (ad esempio, il delitto di via Poma).
Tutti i dieci delitti raccontati nel libro, presentano queste ambiguità nella certezza o meno dei colpevoli, tanto da o restare impuniti o da essere temporaneamente presi in errore a causa di sospetti fondati o suffragati da prove che poi si sono rivelate aleatorie. Lasciamo al lettore il gusto di seguirli attraverso il racconto – e qui abbiamo prevalente lo scrittore, autore di tanti romanzi di successo – in cui, al contrario dei romanzi l’elemento della persona di Giancarlo è ben presente in forma autobiografica, sia di quando era bambino, con i suoi genitori insegnanti e politicamente moderati, sia di quando, studente di giurisprudenza a Roma, ambiva a una carriera giornalistica, qui presentandoci addirittura la futura moglie, in veste allora di fidanzata, e sua compagna di università, sia poi del Giancarlo togato. Il che non è casuale, perché dietro quella toga si nasconde un uomo con le sue certezze, con i suoi dubbi, la sua coscienza, la sua cultura.
I casi rappresentano anche delitti, omicidi i più diversi, ad alcuni dei quali capita di tornare più volte d’attualità, come, ad esempio, il delitto di via Poma, l’omicidio, rimasto impunito, di Simonetta Cesaroni del quale si è parlato proprio recentemente sulla stampa quotidiana in occasione di un presunto scoop di un settimanale sul ritrovamento di importanti documenti sulle presenze in ufficio nel giorno in cui la povera ragazza venne uccisa. Oppure l’omicidio di Pasolini, sul quale una verità – se l’accusato Giuseppe Pelosi, detto Pino la Rana – era solo o in compagnia di altri durante il delitto, se alle spalle dell’omicidio non ci fosse un complotto, sul quale Pelosi ha tenuto il massimo riserbo, vuoi per paura, vuoi per non fare la parte dell’”infame”. Non lo sapremo mai. Ma la lettura del racconto del magistrato e scrittore De Cataldo, che riporta anche i diversi motivi che, in questo caso, hanno portato all’idea del complotto (ogni lettore tiri poi le sue conclusioni) si ferma a spiegarci il PQM, ovvero i motivi, della sentenza. Che, in questo modo, fa anche giustizia di tutti coloro che, senza essere addentro ai singoli casi, per averne letto magari solo le cronache, da casa assolvono o condannano con certezza assoluta.
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