Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente
Raramente mi accomodo su una sedia e davanti a un tavolo apparecchiato a dovere. Preferisco buttarmi sul divano e tenere il pc sulle gambe, magari mezzo disteso. Questa è la parte fisica mentre con la testa sono altrove, dentro la storia e sono un’altra persona. Sono i miei personaggi, sono l’assassino, l’ispettore, il bambino o la mosca che vola. Dipende tutto dal punto di vista dal quale narro la storia e io mi adeguo. William sparisce, le sue emozioni si azzerano, il suo know how si spegne e prendono vita i personaggi della storia che pretende di essere raccontata.
Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?
Non è colpa mia, io non c'entro nulla. A scegliere sono gli assassini del mio immaginario e io posso solo osservarli senza poter intervenire. Gli assassini invece prendono forma quasi in modo spontaneo. Certo, ho delle linee guida, mi faccio un’idea ma poi sono loro a strutturarsi con una personalità specifica e un’emotività propria.
Qual é il tuo modus operandi?
Vedo storie, le vedo come film nella mia testa e non per forza parliamo di narrazioni di genere. Io le chiamo visioni e queste diventano ossessioni che trovano il naturale sfogo nella trasposizione in manoscritto. Solo alla fine della stesura me ne sento libero, ma dura poco perché c’è già altro che pretende di essere scritto.
Chi sono i tuoi complici?
Fa tutto la mia testa. Macina trame notte e giorno e spesso mi tocca annotarle per non perderle. Può capitare che mi sveglio di notte per colpa di un’idea o anche solo una frase potente. Sono strano ma giuro che nessuno mi è complice: sono io e la mia immaginazione. Arrestatemi!
Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!
Mi piace ascoltarli, sapere le emozioni scaturite dalla lettura delle mie storie. Vorrei che ogni singolo lettore mi dicesse la sua, anche criticandomi, ovviamente. Dal confronto non può che nascere ulteriore linfa capace di rafforzare l’albero narrativo che ho dentro. In definitiva direi che il lettore è la ragione unica per cui esista lo scrittore, è il fulcro dell’esistenza: senza lettori saremmo nulla, senza lettori non esisterei così come non esisterebbero le mie storie.
Che messaggio vuoi dare con le tue opere?
Voglio sempre qualcosa di più. Non voglio essere puro intrattenimento, ma intrattenimento culturale e intellettuale. Fare narrativa di genere, per esempio, non può costituire una gabbia nella quale muoversi con tranquillità. Il compitino non mi interessa. La narrativa di genere per me è uno strumento come altri mediante il quale riuscire a comunicare anche altro e sfiorare tematiche ben più ampie. Il mio sogno è essere un produttore di storie che creano un solco nel lettore, un solco nel quale germoglia un’idea, un’emozione a cui attingere anche a distanza di molto tempo. Non voglio scrivere narrativa “usa e getta”, voglio rimanere aggrappato al cuore e all’anima di chi legge. Tutto qui. Ci riuscirò? Non lo so, per ora continuo a scrivere e a liberarmi dalle visioni che mi tormentano… sono colpevole!
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