Giallo piacevole, leggero, con una sua anima, adatto a farti compagnia una mattina d’estate al mare. Parliamo dell’ultimo romanzo della siciliana Giuseppina Torregrossa “Stivali di velluto” edito da Rizzoli nella collana Novelle nere. 

Il romanzo è ispirato a un fatto vero avvenuto nel 1977, relativo a una rapina in un ufficio postale della provincia palermitana nel corso della quale è stato ucciso, con un coltello, il direttore e i cui assassini o assassino non sono mai stati trovati. Indagini che, nel tempo, vengono archiviate per diventare oggetto della Sezione delitti irrisolti. Dove l’ispettrice e profiler Giulia Vella, milanese, viene mandata per un dispetto del suo dirigente che poco tollera il fatto di essere arrivata a Palermo, come da lei richiesto espressamente, su raccomandazione del padre, questore al nord. Ma non conosceva l’ostinazione di Giulia Vella, le sue doti indagatrici unite a un carattere battagliero. E così quando, per umiliarla, le affida il vecchio caso per farne una mosca che sbatte contro il vetro, gli farà vedere che è capace di arrivare lì dove altri poliziotti non erano arrivati. 

Il romanzo sta tutto nel percorso, che Giulia compie per scoprire il mistero di un omicidio avvenuto nella pausa pranzo dell’ufficio postale, con il direttore Mazza quale unica vittima, all’interno, il furto di soli 10 milioni di lire, invece dell’intera somma contenuta nella cassaforte e, infine, l’orma di una scarpa sulla macchia di sangue uscita dal corpo del cadavere. L’ipotesi che si erano affacciate a suo tempo contrastavano con le possibili motivazioni e indizi. Il primo dei quali era dato dal suocero del morto, noto boss mafioso della zona, che non vedeva di buon occhio il genero per non avergli dato un nipote, e poi quel furto di dieci milioni,non una lira di più… che ragione aveva? Sta di fatto che Giulia, accompagnata da un paio di collaboratori anch’essi in punizione, come il bello e prestante agente Massaro, che aveva osato andare a letto con la moglie del questore, e l’agente Paola Arena, considerata un po’ sempliciotta e perciò inadatta alle sfide poste dalle indagini, ora, per altro, diventata amante del suo stesso ex marito da cui è divorziata, sta di fatto che Giulia troverà il colpevole, con scorno del questore. 

L’indagine però non è da considerarsi qualcosa di meccanico, un puzzle da comporre e basta. Lo sguardo dell’autrice, che si mette nei panni della “milanesa”, come è stata malevolmente soprannominata Giulia dal suo dirigente siciliano, attraversa le relazioni tra nord e sud, tra le persone, tra i diversi casi umani, compreso il proprio: Giulia ha scoperto di essere stata adottata dalla famiglia del padre questore e pretende ora di conoscere la vera madre. E un di cui che, con quello degli altri personaggi e dell’ambiente, dà spessore alla narrazione che fa di “Stivali di velluto” senz’altro un breve noir di qualità.