“Curiosity killed the cat”, recita un proverbio inglese, ed è proprio un eccesso imprudente di  curiosità che scatena la molla dell’appassionante vicenda in cui va a cacciarsi Guido Lednaz, l’ormai conosciutissimo alter ego dell’autore. Come potrebbe essere comunque altrimenti per un personaggio che sulla cronaca, la ricerca della verità e la  soluzione dei misteri ha declinato tutta la sua professione? 

“Un affare balcanico” –  titolo essenziale ed asciutto come fu già nel 1987 “Una storia istriana” -  si ispira a un fatto storico realmente accaduto nel 1997 e finora non abbastanza conosciuto, un’operazione enigmatica  tra le due grandi realtà aziendali di Telecom Italia e Telekom Serbia,  con il sottinteso beneplacito delle rispettive istituzioni pubbliche. 

Telecom Italia, come i maggiori gestori di tlc europei in quegli anni, intendeva aumentare il proprio valore finanziario, aprendosi a mercati nuovi, che la caduta del comunismo e del mondo ex jugoslavo allora consentiva- Ghiotta e incoraggiante perciò era la possibilità di acquisire quote di mercato in Telekom Serbia che per la sua posizione strategica garantiva, via Belgrado,  flussi commerciali dall’Estremo Oriente. 

Ma questa intricata e complessa vicenda come entra nella vita di Guido Lednaz, allora Responsabile della Stampa Aziendale di Telecom Italia, ma sicuramente avulso da certe complesse operazioni finanziarie? 

Ecco che appunto entra in gioco la sua curiosità, quando casualmente ascolta nella sala d’aspetto dell’amministratore delegato una conversazione a due in lingua serba, dai contenuti non proprio rassicuranti. La sua anima di esule fiumano, che la lingua la conosce per ragioni familiari, e la sua vena di scrittore di spy story irresistibilmente lo spingono a volerne sapere di più, finendo per catapultarsi in un’escalation di eventi, emozioni e colpi di scena, che l’autore descrive con ritmo incalzante e mano particolarmente felice. 

Il protagonista, di punto in bianco, assume, come “verificatore” un ruolo sempre più cruciale in una girandola di eventi più grande di lui, come pedina di un ingranaggio che all’inizio lo spaventa, lo manipola, ma in cui finisce per prenderci gusto, vivendo così una sorta di avventura personale. Infatti, si troverà ad essere testimone di feste fin troppo sfarzose, di matrimoni faraonici con tanto di colpi di kalashnikov. Ma soprattutto viaggerà sul Falcon che da Ciampino a Belgrado porterà a Milosevic, in denaro contante come richiesto, gli 893 milioni di marchi tedeschi, costo dell’operazione per l’acquisto delle quote di Telekom Serbia, in 18 sacchi di juta delle Poste serbe. E questa è verità storica, non un’invenzione letteraria. 

Ad arricchire una vicenda già singolare e movimentata, c’è una straordinaria gamma variegata di personaggi, dai massimi vertici politici e aziendali dei rispettivi Paesi, al sottobosco dei faccendieri, degli uomini dei servizi, delle body guard, degli autisti. Ma è all’universo femminile che Diego Zandel dedica una frizzante e arguta attenzione, descrivendo donne bellissime e sensuali, rassicuranti o misteriose ed intriganti, come quella che farà battere il cuore al pur navigato Lednaz. 

Se la forza di questo romanzo è senz’altro l’intreccio di eventi storici ed elementi romanzeschi, l’intento prioritario di riportare alla luce una vicenda torbida e poco conosciuta è senz’altro riuscito. L’autore si è avvalso di una personale e rigorosa ricerca delle (poche) fonti bibliografiche e, tra l’altro,  delle testimonianze aziendali di chi ricoprì in quegli anni posizioni lavorative in Telekom Serbia.

Un altro godibilissimo colpo a segno di Diego Zandel,  a beneficio dei suoi sempre più numerosi e affezionati lettori.