Pierluigi Porazzi è un autore che seguo fin dal suo primo romanzo “L’ombra del falco” che uscì più di una decina di anni fa con Marsilio. Ora lo ritrovo in compagnia di Claudio Chiaverotti, sceneggiatore di fumetti celebri come Sturmtruppen, Dylan Dog, e creatore della serie Morgan Lost in corso di pubblicazione per la mitica casa editrice Sergio Bonelli. Insieme hanno scritto un noir dai colori un po’ horror per la collana Giungla Gialla, diretta da Fabrizio Carcano, pubblicata dalla Mursia. S’intitola “Il re delle fate d’autunno”, ambientato in quel Friuli che è il luogo di elezione per i romanzi di Porazzi, che vive a Tarcento in provincia di Udine.

Qui abbiamo a che fare con un serial killer (e non è il primo che incontriamo nel Friuli di Porazzi) che uccide belle ragazze, le fate delle fiabe e delle filastrocche che aprono ciascun capitolo del romanzo e che già di per sé sono abbastanza angoscianti, così come capita nei film quando il suono del carrilon annuncia un omicidio.

Tutto accade a Dolcezza, un paese che non esiste sulla carta geografica, ma che assomiglia a tanti paesi del Friuli, cresciuti intorno a una fabbrica come la Ektà che a Dolcezza non è molto amata dai suoi abitanti, per certi omicidi legati a due dirigenti, uccisi una ventina di anni prima.

É forse questa fabbrica che, a un certo momento, spinge qualcuno a uccidere anche le ragazze? O i casi sono separati e l’accostamento vive solo nella fantasia degli abitanti? Dopo il primo omicidio delle fatine, comunque, le indagini vengo assegnate all’ispettrice Giulia Foscari e al suo vice Chiarloni. La prima ha preso tanto a cuore la faccenda anche perché, a un certo momento, la vedremo, nel corso delle indagini, venire drogata e violentata nientemeno che da un medico presso il quale era in cura, ma che scoprirà essere soltanto un porco stupratore e non il serial killer. Il motivo è molto semplice: le vittime, arrivate a quattro, non sono state mai violentate, bensì colte di sorpresa e narcotizzate con una iniezione al collo, poi nulla di altro che, di solito, si aspetta da un serial killer.

Il dubbio è, per questo particolare, che il serial killer possa essere una donna. Ma qui è d’obbligo fermarci. Come nei migliori thriller le sorprese sono a ogni pagina, a ogni capitolo, ciascuno dei quali potrebbe benissimo essere una tavola di Chiaverotti, tale è il ritmo del racconto.

Diremo solo che il finale non è scontato. Di più non possiamo aggiungere. Non resta che leggere fino all’ultima riga “Il re delle fate d’autunno”, quelle di cui “In fondo alle filastrocche è sempre buio”. Forse anche per i detective.