Nona avventura di Cassar Scalia della serie dei polizieschi con protagonista il vicequestore Vanina Guarrasi alla Mobile di Catania.
L’inizio, come sempre è intrigante perché presenta un delitto incastonato in una cornice bizzarra. In quest’ultimo romanzo, un cadavere femminile orrendamente mutilato è al centro di un castagno plurisecolare, tutelato dall’Unesco, che si trova in una località alle pendici dell’Etna.
Tutta la trama è cucita secondo il principio della “giusta misura”: un terzo è sviluppo di storia personale e sentimentale di Vanina e degli altri comprimari, un terzo sviluppo della vita professionale all’interno della squadra comandata da Vanina con breve incursione in quella di Palermo, un terzo è sviluppo con il giusto passo della vicenda gialla in senso stretto. Nel complesso una piacevolissima lettura.
Qualche elemento di scarsa verosimiglianza va segnalato: colpisce il rapporto idilliaco di Vanina con la totalità della squadra attuale e con quella del passato. Il fatto di aver avuto un padre ucciso dai mafiosi non significa che automaticamente tutti, ma proprio tutti, all’interno della Questura la stimino ciecamente e tutti gli altri personaggi secondari l’abbiano a benvolere. Inverosimile anche la presenza in ogni indagine del vecchio commissario Patanè, spalla che non fa da contraltare alla Vicequestore ma la integra, come una sorta di alter ego di antica esperienza.
Bravissima la scrittrice a sistemare qua e là molti ganci per i futuri sviluppi di altre storie
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