E.1027 EILEEN GRAY AND THE HOUSE BY THE SEA

AVVERTENZA: la seguente recensione contiene spoilers sulla trama del film E.1027 Eileen Gray and the House by the Sea

Presentato nell’ambito della rassegna Biografilm, disponibile online sulla piattaforma MyMovies dall’8 al 17 giugno 2024, e proposto in collaborazione con la Biblioteca delle Donne di Bologna e l’Associazione Orlando, E.1027 Eileen Gray and the House by the Sea di Beatrice Minger e Christoph Schaub è la ricostruzione a metà fra documentario e finzione cinematografica degli eventi salienti della vita di Eileen Gray, architetta e designer il cui talento, come purtroppo accade spesso alle donne, è stato oscurato da suoi più illustri contemporanei di genere maschile.

Siamo nella Parigi dei primi anni del Novecento: ricca e affamata d’arte, Eileen (Natalie Radmall-Quirke) è una donna solitaria che preferisce il lavoro alla mondanità. Continuamente alla ricerca di un linguaggio estetico che possa creare un respiro continuo fra gli oggetti d’arte, lo spazio che li ospita e le persone che vi sostano dentro, Eileen abita la sua identità queer esercitando la pratica della sparizione, un minimalismo esistenziale che la porta a schivare il contatto umano e a concentrarsi esclusivamente sulla sua quest personale ed artistica. Dopo una parentesi amorosa incendiaria con la ballerina Damia, che preferiva il frastuono all’armonia del silenzio, Eileen si dedica alla creazione di pezzi di arredamento quali sedie e poltrone, dando loro un design innovativo attraverso l’utilizzo di materiali quali vetro e metallo ma soprattutto imprimendovi una forza circolare. Ogni mobile diventa una sorta di abbraccio o una vibrazione che avvolge le persone, e nel loro camminarvi accanto esse stesse fungono da cassa di risonanza di quella sensazione avvolgente.

Il primo (e per molto tempo l’unico) ad accorgersi del senso vero di quella ricerca è Jean Badovici (Axel Moustache), giornalista e aspirante architetto che vede attraverso le forme create da Eileen e capisce il suo voler andare oltre i limiti funzionali imposti dall’architettura e dal design. Accomunato dal suo stesso intento liberatorio, “Bado” incoraggia Eileen a progettare non più esclusivamente dei mobili, ma un’intera casa attorno ad essi, e la designer, che già desiderava costruire un luogo dove le donne come lei potessero vivere indisturbate e sentirsi protette ma allo stesso tempo libere, si trasforma consapevolmente in un’architetta. Partita alla ricerca del luogo perfetto dove poter vivere il silenzio e la gioia, Eileen getta le basi del suo capolavoro in un angolo sperduto eppur vitalissimo di natura: Roquebrune, in Costa Azzurra. Qui, fra le rocce, Eileen crea la sua casa bianca a ridosso del mare, dando corpo a un sogno nutrito dal desiderio nonostante le leggi dell’architettura di allora ritenessero folle e pericoloso costruire così vicino al mare, e così ad un passo dall’annegare sotto i suoi flussi capricciosi. Eileen non si cura di queste leggi, ma si lascia conquistare dalla forza della sua creatura, e a suggellare l’unione con Bado decide di chiamarla E.1027, come le loro iniziali: E e 7 per “Eileen” e “Gray”, 10 e 2 per “John” e “Badovici”.

“A house swallows you. You surrender your instincts and simply follow. […] You stop to gather your thoughts. You want to be aware and perceptive.” (Una casa ti inghiotte. Abbandoni il tuo istinto e semplicemente la segui. Ti fermi per raccogliere i pensieri, per essere consapevole e ricettiva). Ed è anche per questo che Eileen correda i mobili di E.1027 di “consigli” scritti alle visitatrici e i visitatori: uno fra tutti, “Entrez lentement”, che invita chi entra al raccoglimento, alla pausa che precede il raccogliere i pensieri per poter sentire lo spazio in ogni suo respiro, perché la casa è insieme una “estensione spirituale” di noi che vi stiamo dentro e un “conforto”. Un “corpo”.

Sopraggiungono però gli anni ‘30: turisti e artisti scoprono la Costa Azzurra e la inondano della loro assordante presenza. La solitudine e il silenzio della casa bianca vengono di colpo minacciati da presenze inopportune. Bado, che a differenza di Eileen ama le moltitudini e vuole mostrare al mondo quel prodigio di architettura nascosta fra le rocce, non esita a invitare altri artisti e amici non solo a visitare la casa, ma a passarvi delle intere giornate. Fra questi c’è anche Le Corbusier (Charles Morillon). Oltre ad essere la massima autorità dell’architettura dell’epoca, “Corbu” incarna idee diametralmente opposte a quelle di Eileen: per lui, una casa deve incarnare la razionalità e la logica, non il respiro, ed è forse per questo che di fronte ad E.1027 il celebre architetto prova un misto di paura e disagio, ma anche un vero e proprio dolore di fronte a tanta bellezza e perfetta semplicità.

Bado, che crede nel talento di Eileen ma anche nell’affetto (mal riposto?) di Corbu, comincia a vagheggiare l’esistenza di una comunità di artisti da ospitare nella casa remota, e Eileen, che dopotutto gli ha intestato la sua opera e si sente ormai fuori posto, decide di andar via: “I love doing things but I hate possessing them”, (amo creare opere ma odio possederle) dice alle spettatrici e agli spettatori, e da quel momento abbandona E.1027 dedicandosi ad altri progetti, fra i quali Tempe à Pailla, un’altra villa dove dar vita alla pratica della sparizione. Col tempo, la Storia e Corbu prenderanno il sopravvento su Bado e sulla casa bianca, cancellandone il senso vitale originario e attuando una vera e propria forma di violenza (uno “stupro”, come Eileen lo definisce nel film in una sua conversazione forse immaginaria con Bado e Corbu) sull’opera, sul talento e per estensione sull’identità di donna e artista di Eileen, persa nell’oblio a causa dell’ennesimo atto di arroganza e di appropriazione di un uomo potente.

Ispirato e spesso tratto da materiali scritti lasciati da Eileen Gray, Le Corbusier e Jean Badovici, E.1027 Eileen Gray and the House by The Sea si regge soprattutto sulla prova attoriale della protagonista e dei due comprimari maschili: la loro presenza scenica e teatrale dà corpo alla tensione dei respiri e alla ricerca di perfezione che li portò a incontrarsi e scontrarsi, fino allo sfaldamento finale. Ingegnoso nel utilizzare metonimicamente alcuni attrezzi di scena per lasciar indovinare oggetti altrimenti assenti (come il volante per la macchina intera) con un piglio creativo che ricorda il Derek Jarman di Wittgenstein, E.1027 è un film da respirare oltreché vedere, per dipanare la vicenda creativa ed esistenziale di una donna non convenzionale dal talento in netto anticipo sui tempi, per darle il giusto spazio che merita nella storia dell’architettura e del design. Viste le derive antilibertarie, femminicide e omofobe del presente in Europa e nel mondo, il film assume anche un valore ulteriore per farci riflettere su come le donne queer e la loro ricerca artistica venga spesso soffocata, interrotta o dimenticata a causa dell’intento malevolo del Potere, il più delle volte declinato al maschile.