Questi gialli con Manrico Spinori, il piemme nato dalla penna di Giancarlo De Cataldo, mi stanno piacendo troppo, non vale! Il suo braccio destro, l’ispettrice Deborah Cianchetti, nel suo romanaccio, mai volgare, quello vero non coattone, direbbe “e che je voi di’?”. Cominci a leggerli e non ti fermi. Non è tanto la suspense, che c’è e cresce via via che le indagini sui vari casi che il magistrato affronta, quanto l’atmosfera che riescono a ricreare e che ti accompagna nei vari ambienti. C’è sempre l’aura della musica, del teatro dell’opera con il suo pubblico raffinato, esigente, colto, critico, nel quale il magistrato melomane ci accompagna, ma poi questa atmosfera un po’ rarefatta, con i rumori di sottofondo, sopravvive negli altri drammi e tragedie che si svolgono fuori dal palcoscenico. Come, ad esempio, nell’ultimo romanzo della serie, dal titolo “Il bacio del calabrone” (a proposito, quando una serie TV?) edito come tutti da Einaudi Stile Libero, è il laboratorio dei costumi del teatro Costanzi di Roma. Qui fa da scenario alla morte di Tito Cannelli, titolare della maison che crea i costumi delle rappresentazioni, e non solo, perché è pure inserita nel grande giro della moda internazionale, con le sue bellissime modelle e modelli, i suoi creatori, i suoi vizi dettati dai troppi interessi, dalle troppe rivalità e invidie, dispetti e tradimenti e quant’altro.
La morte di Tito Cannelli, apparentemente, è dovuta a uno shock anafilattico: una specie rara di calabrone di origine orientale, la cui puntura è particolarmente letale, si è infilato nella festa e sarebbe tutto finito lì se qualcuno con lo smartphone, come ormai quasi sempre accade, non avesse ripreso il momento, non proprio quello in cui il calabrone colpisce, ma dell’insieme. Accade così che al piemme, rivedendo il filmato per capire bene come si successo nei dettagli, qualcosa non gli quadra. Comincia ad aleggiare un vago sospetto che quella puntura, così come la presenza del calabrone in quel contesto, non sia poi tanto naturale. Ma anche se non si trattasse di morte naturale e davvero l’introduzione della bestiaccia fosse stata in qualche modo indotta gli indizi di un eventuale omicidio sarebbero labili, molto labili. Anche se, a motivo dell’idea omicida il filmato riporta una lite piuttosto violenta, se non altro a parole, tra la vittima e il creatore della linea di moda, un artista un po’ ricercato, noto per i suoi abiti tutt’altro che banali, anzi di singolare unicità. Sta forse lì, nelle ragioni di quella lite, il movente? Ma anche se fosse, come si fa a uccidere la persona che vogliamo con una calabrone? Mica poteva essere telecomandato o addestrato. Qualsiasi domanda non trova risposta.
Ma, intanto, il Procuratore Generale affida l’indagine a Spinori, visto che il caso ha voluto che si trovasse lì al momento del trapasso di Cannelli, ma gli dà giusto il tempo per dare una risposta alla stampa, certi che si concluderà tutto con un nulla di fatto. E, invece, le indagini, un po’ alla volta, prendono una diversa piega, rendendo questa morte improvvisa di Cannelli sempre più sospetta di omicidio, tanto più che. ben presto seguirà un secondo omicidio legato a quello stesso ambiente.
L’autore, pertanto, ci guida magistralmente all’interno di un mondo così esclusivo come quello della moda (e dell’opera, s’intende) che, al contrario di come appare, non luccica affatto, anzi è nero e, in questo caso, più nero che mai. Anche perché Manrico Spinori e la sua splendida squadra di agenti al suo servizio, con la straordinaria ispettrice Deborah Cianchetti, degna spalla popolana del nobile e raffinato magistrato, di nobile stirpe, non ci metteranno poco a far luce, intanto regalando a noi lettori, con la suspense, un simpatico teatrino.
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