Dove sei quando scrivi? Sia fisicamente che mentalmente
Finalmente ho una stanza tutta per me. Che qui in casa chiamano "sgabuzzino", ma io mi ostino a chiamarla "il mio studio". Ci stanno il computer e diverse librerie. Lì mi rintano ogni volta che posso, per scrivere fisicamente. Per quanto riguarda invece il momento ideativo, penso dappertutto, appena ho un momento libero, estraniandomi dal mondo. Per questo ogni tanto qualcuno potrebbe pensare a una sorta di schizofrenia. Ma anche quella è una forma d'arte.
Come scegli le tue vittime, e i tuoi assassini?
Se io fossi un serial killer, sarei qualcuno tipo Dexter, un giustiziere. Se nella realtà i criminali sono spesso personaggi beceri e autoreferenziali, la fiction ti permette di motivare le loro azioni (motivare, attenzione: non certo giustificare) attraverso un background e un movente comprensibili, che vogliono ristabilire un ordine sconquassato dall'ingiustizia e dal male che imperversano nel mondo.
Qual é il tuo modus operandi?
Dipende dai libri. Cerco comunque di trovare qualcosa di originale, che non sia stato abusato dalla narrativa. Almeno ci provo.
Chi sono i tuoi complici?
Nella vita, mio marito e la famiglia. Nel complicato mondo editoriale, i miei amici (tra cui ci sei anche tu) e la mia fantastica agente.
Che rapporti hai con i tuoi lettori e le tue lettrici? Avanti, parla!
Io li/le adoro, incontrarli o sentirli per me è molto emozionante. Poi senza di loro i miei libri non pulserebbero.
Che messaggio vuoi dare con le tue opere?
Ci sono sostanzialmente due messaggi per me importanti. Tra le righe, mai indotti, mai didascalici. Ricorrenti, riguardano i miei demoni: il senso della vita e la morte. Ma non voglio essere didattica: meglio che li scopriate voi, leggendo.
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