Andrea Del Monte è un musicista, un cantautore di valore. Originario di Latina ha vinto il Premio della Critica de Il Cantagiro nel 2007, e i dischi che ha sfornato, seppur pochi, hanno però tutti visti la collaborazione di John Jackson, storico chitarrista di Bob Dylan. Ed ora ha puntato a un libro “Brigantesse, storie d’amore e di fucile”, edito da Ponte Sisto, dal quale però è nato un CD allegato allo stesso libro che ha poi ispirato le musiche. Ma noi qui ci occuperemo solo del libro, perché è figlio di una ricerca che affonda le sue radici esclusivamente nel mezzogiorno. Nè poteva essere altrimenti da parte di un ragazzo le cui origini famigliari affondano nella palude dell’agro-pontino, terra di briganti prima che le bonifiche e poi gli insediamenti allogeni di popolazioni venute dal nord come la Romagna e, sopratutto, il Veneto, popolassero quelle terre come ben raccontato da Antonio Pennacchi nel suo capolavoro “Canale Mussolini”.

Il libro di Andrea Del Monte è partito da quelle terre per raccontare il brigantaggio in tutto il sud e lo ha fatto attraverso una serie di 42 personaggi del sud e non solo che vanno dagli scrittori Giancarlo De Cataldo, Raffaele Nigro, Andrea Di Consoli, Renzo Paris e Antonio Veneziani a storici come Giordano Bruno Guerri, cantautori come Eugenio Bennato, attrici come Sabrina Ferilli. Un libro che mette al centro figure di brigantesse alle quali ciascun personaggio dedica una poesia o un racconto o un breve saggio, magari una biografia.

Le brigantesse portano i nomi di Filomena Pennacchio, nata a S.Sossio Baronia, ma la cui vita è passata a Santagata di Puglia. La sua vita è raccontata da Anna Laura Longo con una verve drammatica che rende l’idea di quale fosse il suo temperamento. “L’insofferenza e la sprezzatura del legame coniugale, vincolo imprigionante e mal gestito, spinsero in giorni e tempi più che fatidici verso il clamore di un’uccisione: Uno spillo argenteo, /conficcato in gola, / spillo nudo e incisivo: /lo mise il gola/ e si tradusse in sangue”. In pratica uccise il marito. E ancora: “A me un cavallo” gridò. Nuovo compagno e nuovo flusso di vita, avventuroso, col brigante Caruso.”

Giulio Laurenti invece si immedesima in Nicolina Iaconelli, al confine tra Campania e Abbruzzo, “vento gelido dai monti e ululare dei lupi d’Abruzzo”. Al fianco di Domenico Fuoco, spaccapietre, ma una vita di scorribande tra due stati, quello del Papa e il Regno Borbonico “corse a Roma per prendere soldi e ordini dai nemici dei piemontesi e agguati al sud nel nome del re delle Due Sicilie, ormai deposto”. Attraverso queste donne il ritratto anche dei loro uomini. “Il mio uomo fu solo brigante di quaranta ladroni e sapeva annunciarsi nei paesi sparando un colpo alla campana. Amava Cristo ma sdegnava la sacralità della vità e il quinto comandamento. Tagliava orecchie ai sequestrati e le mandava come richiesta di riscatto. Tagliava gole come ci si allaccia le scarpe. Donne sue non più amate, dicono ebbero la carezza del suo coltello”.

Ma per ogni donna c’è un mondo, un’avventura. I loro nomi, almeno alcuni: Elisa Garofoli, Francesca La Gamba, Niccolina Licciardi, Maria Oliviero, detta Ciccilla e Rosa Cedrone e Luisa Spina e Carola La Zingara e “la brigantessina” Angelina Romano e ad altre ancora naturalmente che danno un colore d’epoca a questi ritratti in bianco e nero. Come sono in bianco e nero anche le foto di alcune di queste brigantesse, dagli sguardi duri, le espressioni torve, magari con un fucile e una pistola in grembo come la foto, diventata iconica, di Michelina di Cesare in costume locale casertano. Un libro inoltre arricchito da una serie interviste che aprono a molte riflessioni interessanti che rendono questo libro nel suo insieme particolarmente vivace e, forse, unico nel suo genere.