Nella vasta e variegata produzione di Giancarlo De Cataldo, magistrato e scrittore che si è fatto consoscere ai lettori nel 2002 con “Romanzo criminale”, trova porto un nuovo personaggio: il conte Manrico Spinori Della Rocca, detto dagli sbeffeggiatori del “Palazzo” “il contino” e dagli amici Rick. E’ un cinquantenne piacente, elegante, colto, appassionato di opera lirica, galante al punto giusto e molto intelligente: qualità che saranno senz’altro apprezzate dalle lettrici.
Durante la lettura del romanzo non potevo fare a meno di immaginarmi nei panni del personaggio del magistrato un recente presidente del consiglio.
A far da contrasto con il PM, l’ispettore d’assalto Cianchetti, alta, tatuata, palestrata, un po’ grezza nell’eloquio e nella scrittura, sbrigativa con gli indagati al limite della brutalità. Da registrare che il resto della piccola squadra di polizia giudiziaria di Manrico è al femminile.
Fra i due, anche il concetto di giustizia è all’opposto: per l’ispettore Cianchetti la giustizia significa vendetta, mentre il PM, citando “Rigoletto” di verdi, spiega la differenza fra delitto e punizione. Da qui il titolo del romanzo.
Proprio perché dal contrasto si generano situazioni e dialoghi interessanti, c’è da augurarsi di leggere ancora avvenute giudiziarie con la strana coppia.
Partendo da un’indagine all’apparenza banale su un incidente mortale con l’auto in cui è deceduto un ex cantante degli anni Settanta, poi diventato produttore discografico e talent scout, tale Ciuffo d’oro, mente il suo autista e uomo tuttofare si salva per miracolo.
L’indagine mette a nudo un nido di vipere all’interno della famiglia del cantante e certi segreti inconfessabili, rimasti nascosti al pubblico dei fan ma non a chi frequenta l’ambiente discografico. Non manca neanche il ritratto di una giornalista televisiva che tiene un programma sui casi di cronaca nera e va a caccia di scoop per tacciare d’incompetenza gli inquirenti.
La soluzione sarà inaspettata, come in ogni poliziesco ben costruito.
Il magistrato De Cataldo conosce bene sia il mondo dell’informazione che, ovviamente, quello dei palazzi di giustizia e dei rapporti fra i vari componenti dell’azione giudiziaria: magistrati e loro superiori, avvocati, polizia giudiziaria e indagati. Ammette nelle note di essersi appassionato di opera lirica al punto di dire del suo protagonista: “Se fosse stato credente, Manrico avrebbe addotto come prova dell’esistenza di Dio un certo numero di opere liriche. L’intera produzione mozartiana ne avrebbe fatto parte”.
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