Una troupe sta girando un banale spot pubblicitario per un prodotto detergente; la fotografa Hsing Hui (Fei Fei Feng) nota un affascinante ragazzo che suona il flauto su un carretto e, incuriosita, impulsivamente comincia a scattare tante istantanee frenetiche allo sconosciuto, forse perché sembra molto diverso da tutte le altre persone lì presenti sia fra gli addetti ai lavori che fra le comparse chiamate a partecipare alle riprese. Scoprendo che è un non vedente, Hsing Hui convince il regista Lo Chie-wen (Anthony Chan), suo compagno nella vita, ad usare il ragazzo per lo spot. Entusiasta, Chie-wen improvvisa delle sequenze con il nuovo venuto, proponendo perfino al produttore un lancio ad effetto per il prodotto, “puro come il cuore di un cieco”. L’incontro fortuito fra Hsing Hui e il ragazzo si ripete quando la fotografa lo nota camminare per strada mentre lei è comodamente seduta in taxi e, come colpita da un fulmine, scende dall’auto per aiutarlo ad attraversare la strada. Così, ha l’occasione di spingerlo a parlare di sé per conoscerlo meglio: si chiama Ku Chin-tai (Kenny Bee), ha studiato psicologia e filosofia e predice la fortuna in un parco perché “i chiromanti sono per i cinesi l’equivalente degli psichiatri per gli occidentali”. Inoltre, particolare forse ancor più intrigante, la sua condizione di non vedente è solo temporanea: ha perso la vista due anni prima in un incidente ed è in attesa di un trapianto di cornea. Questo incoraggia ancor di più Hsing Hui, che comincia inconsapevolmente a trascurare la sua vita sentimentale con Chie-wen (che però sembra non accorgersi di nulla), passando sempre più tempo con Chin-tai, accompagnandolo in giro per la città cercando di scattare foto riprendendo la gente “senza che se ne accorga”, mettendo il ragazzo dietro una cinepresa lasciata in un angolo di strada per poter cogliere da lontano i sussulti più improvvisi e inaspettati sui volti dei passanti. Della fotografia, Hsing Hui sembra amare la parte più vicina al proprio carattere: l’impulsività dello scatto, quel gesto un po’ leggero e divertito che cattura la spontaneità nascosta nelle persone, ed è questo che probabilmente emergerà un giorno, quando finalmente il suo sogno di realizzare una mostra di tutte le foto scattate si realizzerà. E forse è quella stessa impulsività ad attirarla verso Chin-tai, i cui modi garbati ed eleganti sembrano una brezza piacevole e benefica, un cambiamento di rotta rispetto alla presenza un po’ grezza e senza pretese di Chie-wen. La convalescenza post-trapianto di cornea di Chin-tai coincide con il momentaneo trasferimento di Hsing Hui; la ragazza deve recarsi fuori Taipei, in campagna, per sostituire il fratello come supplente di scuola elementare. Rimarrà lì per un mese, così invita Chin-tai ad andarla a trovare una volta che sarà guarito del tutto. Fra i due sboccerà davvero l’amore, o Hsing Hui continuerà ad accettare senza convinzione la vita con Chie-wen, che la ha persino proposto di sposarla?
Presentato in versione restaurata al Far East Film Festival 22, Cheerful Wind (titolo originale Feng’er ti ta cai 風兒踢踏踩) è il secondo film diretto dal famosissimo regista Hou Hsiao Hsien nel 1982 e come il suo film di debutto ha per attori principali due note pop-star dell’epoca, Feng Fei-fei e Kenny Bee. Sicuramente molto diverso in termini di stile dai film successivi del regista e dunque ben lontano dalle atmosfere dilatate che lo contraddistingueranno negli anni a venire, Cheerful Wind è un romance leggiadro e un po’ spensierato come la brezza del titolo inglese, anche se è tutt’altro che un’opera superficiale. Nella prima parte, la narrazione è costruita su un interessante rovesciamento dei ruoli tradizionali uomo/donna rispetto all’atto del vedere e dell’osservare: Hsing Hui, munita di macchina fotografica, esplora il fascino di Chin-tai cercando di catturarne l’essenza perché ai suoi occhi, sembra dirci il regista (autore anche della sceneggiatura), il ragazzo incarna una presenza maschile “pura”, ossia priva della volgarità a cui evidentemente la protagonista è ormai abituata e come assuefatta, non facendoci quasi più caso. La volgarità tipica maschile è evidenziata nella prima sequenza del film, quando vediamo colui che poi scopriremo essere il compagno di vita di Hsing Hui, il regista Chie-wen, orinare contro i resti di un muro sulla spiaggia non solo senza lavarsi le mani dopo, ma anche poggiando quelle stesse mani sulle spalle di lei, una volta che la fotografa è sopraggiunta sulla scena. Un particolare forse sgradevole da citare ma di certo non messo lì casualmente, visto che contrasta in maniera lampante con il comportamento che successivamente vedremo assumere da Chin-tai quando dovrà andare in bagno nel parco: il suo gesto di lavarsi accuratamente le mani, se paragonato con quanto visto fare all’inizio dall’altro uomo nella vita di Hsing Hui, diventa non solo un semplice segno di educazione, ma anche una metafora della sua affidabilità e solidità come uomo, e presumibilmente un chiaro segno di rispetto nei confronti della protagonista. La seconda parte del film, però, riporta in parte i due personaggi principali su un binario consueto e tradizionale: non solo Hsing Hui, adottate le vesti di una maestra di provincia, all’improvviso dimentica completamente la fotografia, pur con tutta la promessa di creatività spontanea ed empowerment che sembrava rappresentare per lei; cosa ancor più fastidiosa, Chin-tai, una volta riacquistata la vista, sembra perdere quell’unicità e quel fascino che lo rendevano così diverso da tutti gli altri, dimostrando di avere una vera e propria ossessione per l’aspetto fisico di Hsing Hui, arrivando a chiederle se ha denti finti poiché in una moglie “dei denti sani sono importanti”. E benché la ragazza gli risponda perplessa che questo può essere vero “quando si acquistano delle capre o dei cavalli”, lui non fa che ribattere in maniera del tutto imperturbabile come le due cose si equivalgano ̶ insomma, che fra una donna da sposare e una capra da acquistare non vi sia alcuna differenza! Per fortuna, è l’unica “caduta di stile” (non per questo dimenticabile) che vediamo in Chin-tai; anzi, il ragazzo non esita in più occasioni a ribadire come sia disposto ad aspettare Hsing Hui e a non voler interferire con le sue decisioni. Soprattutto, nonostante questo ribaltamento verso binari amorosi più stereotipati, corredati dall’immancabile theme song che tanto rende inconfondibili i film sia taiwanesi che hongkonghesi degli anni ’80 (e ’90), il regista ci tiene a mostrarci come Hsing Hui non abbia nessuna intenzione di piegarsi al volere di un uomo, e nonostante la sua indecisione riguardo il futuro della propria vita sentimentale, non intende rinunciare ai propri sogni, per quanto piccoli siano, proprio perché sono suoi e di nessun altro. Un film piacevole e da riscoprire.
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