Il triangolo della paura (1985) di Antonio Margheriti, che in originale è Der Commander, ripropone parzialmente cast e situazioni di Arcobaleno selvaggio, tanto da far sospettare che i due film siano stati girati “back to back”, ossia insieme alternando riprese dell’uno e dell’altro. Borgnine lascia il posto a Donald Pleasence e Kinski scompare ma resta Lee Van Cleef, che dà vita a uno straordinario personaggio di cattivo, Mazarini, un trafficante di droga che dalla sua villa a Napoli organizza una spedizione di mercenari contro un signore della droga troppo avito in Cambogia e, nello stesso tempo, gioca i suoi avversari in Europa.
Lewis Collins è ancora una volta l’eroe d’azione che comanda il gruppo ma è caratterizzato diversamente. Sappiamo infatti che ha una motivazione particolare per accettare la missione. Il figlio è stato ucciso dalla droga e questa perdita lo rende un vero e proprio “cane arrabbiato”. Più sfaccettato è Manfred Lheman, attore tedesco presente in tutta la trilogia di Margheriti sui mercenari, che mostra un viso interessante e ricopre un ruolo più spionistico.
L’azione che nella sua parte puramente action si svolge nel sud-est asiatico, ha anche una fase importante in Germania: Berlino che si vede solo di sfuggita ma, come Napoli, fornisce alla vicenda un respiro più ampio. Qui c’è una talpa nella sezione narcotici e, come sempre, siamo portati a sospettare di Pleseance. La risoluzione del caso è affidata a Mason, che è un agente che si fa addirittura cambiare i connotati per entrare nel gruppo di mercenari sotto mentite spoglie.
Doppi e tripli giochi, forse non sempre logici ma intriganti che ruotano intorno al documento segreto che rivela il nome della talpa dei trafficanti. Il plot, pur restando il film un semplice action senza troppe sofisticazioni e affidato principalmente alle sequenze avventurose, è solido e tutt’altro che stupido. Forse non originalissimo ma nell’economia del racconto, ad anni di distanza, si fa apprezzare. Cos come il finale… napoletano che un pochino ci ricorda una celebre sequenza di Professione: assassino (1972) di Michael Winner.
Margheriti dirige con mano sicura una vicenda che pesca un po’ dai successi dell’epoca, primo tra tutti Fratelli nella notte di Kotcheff al quale probabilmente si devono la presenza della bella e coraggiosa Ling e la figura del commerciante francese interpretato da John Steiner, un’altra faccia molto presente nel cinema italiano e tedesco di quei tempi. Siamo, bisogna dirlo, in una fascia di produzione medio bassa. All’epoca c’erano film decisamente più moderni nella concezione della spettacolarità. Ma considerato che erano prodotti destinati all’esportazione in circuiti secondari, Il triangolo della paura fece il suo servizio più che degnamente. Mancano un po’ di… arti marziali. Questo sì, considerata l’ambientazione orientale qualche scena in più con un esperto si poteva inserire e avrebbe attirato qualche spettatore in più.
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