Quando nell'aprile 2019 ho scoperto dell'esistenza di un saggio sul film 2001 Odissea nello spazio di Stanley Kubrick con però qualcosa in più, di solito ignorata dall'esercito di recensori del film: la titanica sopportazione del maestro della fantascienza Arthur C. Clarke. Di solito si cita come a dire "Ah, c'era pure lui", ma stavolta finalmente un titano potrebbe avere il peso che merita.
Acquistato subito in digitale (solo 5 euro su Amazon!) e letto d'un fiato, 2001 tra Kubrick e Clarke (2019) di Filippo Ulivieri e Simone Odino ha subito scalato la cima dei miei saggi di cinema preferiti. E lo dice uno che odia Kubrick!
Ecco la mia recensione di Amazon:
Sono probabilmente l'unica persona da qui fino a Giove (ed oltre) a non sopportare la "poetica" di Kubrick e a considerarlo un semplice bravo regista troppo pompato dalla stampa, e sopravvalutato da eserciti di fan adoranti che grasso che cola se hanno visto due o tre suoi film famosi. Questo dovrebbe fare di me l'ultima persona nell'universo ad apprezzare questo saggio di Ulivieri e Odino, invece l'ho adorato in ogni sua parte. Perché per la prima volta ci si è innalzati dall'adorazione da fan e si è andati a studiare le fonti – le uniche che abbiano valore in un universo fatto di chiacchiere e fake news. Ulivieri e Odino hanno compiuto un lavoro titanico e soprattutto hanno fatto quello che nessuno fa mai: hanno studiato anche Arthur C. Clarke, il povero romanziere che i fan di Kubrick considerano quasi il suo sguattero personale. (E purtroppo anche Stanley la pensava così!) Lasciando da parte entusiasmi da fan e considerazioni personali, i due autori fanno uno splendido lavoro di ricerca e tramite la "voce" degli stessi protagonisti – lettere, fax, dichiarazioni ecc. – ci raccontano la "vera" storia, non il fan service che invece purtroppo imperversa nella saggistica cinematografica. Assolutamente consigliato a chiunque ami il cinema, non le "chiacchiere" sul cinema.
Potevo non contattare i due autori per organizzare un'intervista? L'impresa è avvenuta velocemente ma poi abbiamo dovuto aspettare l'uscita dell'edizione cartacea e questo ha fatto sì che si arrivasse all'autunno.
Ecco dunque l'intervista a due fenomenali ricercatori che sono riusciti nella più impossibile delle missioni: dire qualcosa di inedito sul film su cui tutti hanno detto qualcosa!
Rompiamo il ghiaccio con una domanda frivola. A chi di voi due è venuto in mente di scrivere il libro che non è stato mai scritto sul film di cui tutti hanno parlato?
Filippo: A domanda frivola, risposta frivola: non ce lo ricordiamo più! Siamo tutti e due convinti di aver proposto all'altro di raccogliere alcuni nostri lavori su 2001: Odissea nello Spazio in un libro firmato assieme. Il che fa subito Kubrick & Clarke, visto che anche loro alla fine dei lavori avevano difficoltà a ricordare chi aveva inventato cosa.
Simone: È vero! Il libro nasce dalla nostra partecipazione a due eventi che hanno radunato la comunità di ricercatori kubrickiani, a Leicester nel 2016 e a Bordeaux nel 2017. Avevamo scritto un capitolo ciascuno per il libro Understanding Kubrick's 2001: A Space Odyssey. Representation and Interpretation, curato da James Fenwick e uscito l'anno scorso per la Intellect Books, e a quattro mani avevamo firmato un articolo per "Il Giornale" che raccontava il carteggio Clarke-Kubrick. Abbiamo quindi pensato di scrivere delle versioni riviste e ampliate di questi contributi, con scoperte finora inedite.
Filippo: Ogni capitolo del libro risponde a domande che finora erano rimaste senza risposta: come è arrivato Kubrick alla decisione di fare un film di fantascienza? Aveva considerato altri progetti dopo Il Dr. Stranamore? Perché ha scelto Clarke come collaboratore, e una volta scelto, quali idee hanno discusso? Come hanno inventato la trama del film, l'unico tra i capolavori kubrickiani a non essere adattato da un romanzo preesistente? E come si è svolta la lavorazione del film? Perché sono stati necessari quattro anni, il doppio di quanto pianificato? Infine, come è stata davvero la relazione tra i due autori? Andiamo a farci gli affari loro e scartabelliamo tra le lettere che Kubrick e Clarke si sono spediti. Nulla di tutto questo era stato mai raccontato prima.
"2001" è probabilmente il film di fantascienza più citato e analizzato di sempre, eppure sembra che mai prima di voi qualcuno abbia raccontato la realtà documentaria: erano dati irraggiungibili su cui siete riusciti a mettere le mani o semplicemente tutti preferivano le opinioni ai fatti?
Filippo: Sarei tentato di citare Guzzanti e dire «La seconda che hai detto». Mediamente, è più facile scrivere un libro di critica piuttosto che un libro di ricerca. Per il primo, quando non siamo di fronte al caso di uno che prende e scrive di getto quel che vuole, un critico dovrebbe studiare tutto quello che è stato scritto precedentemente nonché conoscere la storia del cinema, e di solito queste risorse sono facilmente reperibili in librerie, biblioteche e su internet.
Per un libro di ricerca, oltre a compiere un equivalente studio della storia del cinema, il ricercatore deve visitare archivi e istituzioni sparsi per il mondo e consultare database storici di quotidiani e riviste internazionali. Il materiale grezzo così raccolto non è poi sempre di facile o immediata comprensione, perché a volte non è datato, spesso è scritto a mano, non di rado fa riferimento a nomi di persone o titoli di opere sconosciuti, o è parziale perché alcune pagine sono andate perdute o sono rese illeggibili dal tempo. È insomma un'operazione quasi da detective. Io mi ci diverto tantissimo.
Non vi ringrazierò mai abbastanza per lo spazio dedicato ad Arthur C. Clarke, maestro della fantascienza troppo poco considerato: nelle vostre ricerche, che idea vi siete fatta del suo grado di sopportazione stoica?
Simone: Il maggior spazio da noi dedicato a Clarke è il risultato diretto dell'apertura nel 2017 della Collezione Clarke raccolta dallo Smithsonian in Virginia. Fino a ora, il contributo di Clarke era stato valutato basandosi sulle fonti già conosciute, che sono in grandissima parte dedicate a Kubrick. I documenti della Collezione Clarke invece hanno aperto un filone di studi del tutto inedito che ci ha permesso di gettare nuova luce sullo scrittore, sul suo reale contributo al film e sul suo rapporto con Kubrick. Il progetto 2001 comunque era nelle mani di Kubrick fin dall'inizio, e il regista ha mantenuto il controllo di tutto – come raccontiamo nel libro – anche del romanzo di Clarke, e in modo molto più ampio di quanto si è pensato finora; questo però non vuol dire che Clarke non sia stato fondamentale fin dall'inizio della collaborazione, anzi. Sulla sopportazione, beh, di certo Clarke è l'autore che, forse per una questione caratteriale, è sopravvissuto meglio all'impatto creativo con uno dei filmmaker più esigenti della storia.
Filippo, anni fa hai scritto il libro "Stanley Kubrick e me", biografia dell'assistente personale di Kubrick Emilio D'Alessandro, che poi è stata la base del documentario "S Is for Stanley" (2015). Cosa puoi raccontarci di quell'altra esperienza nell'universo kubrickiano?
Filippo: Quanto tempo abbiamo? Stanley Kubrick e me è stato un progetto lungo ma ricchissimo, che mi ha portato a conoscere trent'anni di vita trascorsi accanto a Kubrick, scartabellare tra i suoi bigliettini quando ancora nessuno al mondo l'aveva fatto, scoprire i segreti dai set e cosa faceva negli anni di attesa tra un film e l'altro. Grazie a Emilio ho visto e toccato il quotidiano di Kubrick e ho potuto di rimando illuminarne il mito. Il libro è poi diventato un film e lì si è aperta una nuova avventura, con le riprese a Cassino e a Londra, la partecipazione alla Festa del Cinema di Roma e la vittoria ai David di Donatello. Il libro è ora tradotto in inglese, cinese e russo mentre il film lo si trova in DVD, sulla Rai in Europa e Netflix in America.
La storia di Emilio e Stanley continua a girare per tutto il mondo. La mia idea di Stanley Kubrick è stata cambiata irrimediabilmente dall'aver conosciuto Emilio; spero che i lettori del libro e gli spettatori del film possano ricevere almeno una porzione dello shock che ho provato, ritrovandomi così vicino a Kubrick come mai avrei immaginato.
Simone, il Maestro Borges ti adorerebbe, nella tua qualità di bibliotecario e ricercatore. Che emozione si prova a portare avanti ricerche inedite su un argomento in cui molti "credono" di sapere tutto?
Simone: Una cosa so con certezza, dopo essere uscito da cinque anni di ricerche: non è possibile dire di sapere tutto di 2001. Non solo per la distanza temporale che ci separa da questo film, ma anche perché le risorse degli archivi, seppur enormi e unite alla mole di materiale che si è reso disponibile nell'ultimo decennio (penso sopratutto alle interviste ai collaboratori di Kubrick), sono per definizione incomplete e limitate.
Per quanto riguarda l'emozione, non nascondo che studiare il carteggio tra Clarke e Kubrick allo Smithsonian con sullo sfondo, al di là delle vetrate dell'archivio, la capsula dell'Apollo 11 in quel momento in fase di restauro mi ha dato una sensazione incredibile. Il fatto di aver portato avanti ricerche praticamente inedite infine mi ha dato non solo soddisfazione intellettuale ma soprattutto la possibilità di partecipare a eventi e conferenze in giro per l'Europa – che sono state anche delle scuse per fare viaggi e incontrare gente. Insomma, fai ricerche su 2001, scoprirai il mondo!
Com'è funzionata la collaborazione fra voi due? Mi auguro che sia stata più piacevole di quella tra Kubrick e Clarke…
Simone: Sia Kubrick che Clarke hanno dichiarato che la loro collaborazione è stata estremamente proficua e soddisfacente; i problemi, come si legge nel nostro libro, esulavano per lo più dall'ambito creativo. Noi comunque abbiamo litigato molto meno!
Per quanto mi riguarda, la conoscenza di Filippo di tutti gli aspetti del mondo-Kubrick (non solo di 2001) è stato un fatto fondamentale per inquadrare il libro in un contesto più vasto; inoltre, dall'alto della sua esperienza editoriale, ha coordinato il tutto in modo eccellente, sistemando anche il mio lavoro di ricerca con il suo inconfondibile stile narrativo.
Come mai la scelta di autopubblicare il vostro incredibile saggio? O meglio, è stata una scelta o l'unica alternativa?
Filippo: È stata una scelta dettata dalla curiosità di provare il self-publishing. Attualmente ci sono diverse piattaforme per risolvere le questioni tecniche e il mercato è ormai pienamente formato. Ho iniziato a interessarmi all'autopubblicazione con l'edizione digitale di Stanley Kubrick e me e 2001 tra Kubrick e Clarke presentava l'occasione perfetta per approfondire e testare una pubblicazione interamente autonoma, dal design della copertina fino alla distribuzione nelle librerie delle copie cartacee. Nonostante la mole di ricerca che c'è dietro, 2001 tra Kubrick e Clarke è infatti un libro agile, da pubblicare rapidamente per non allontanarsi troppo dal cinquantenario del film e in concomitanza con quello dell'allunaggio. Si prestava benissimo all'esperimento, come fosse un banco di prova per vedere cosa succede a far tutto da soli.
Parlando da meri spettatori, qual è la vostra scena preferita di "2001"? E sapere com'è stata girata ve l'ha resa più o meno cara?
Simone: Dan Richter nei panni di Moonwatcher che impara ad usare l'osso-arma. In un film celebrato anche e soprattutto per l'impatto visivo dei suoi effetti speciali, questa è una scena di puro cinema – l'attore, la musica, il montaggio. Perfetto.
Filippo: Hal 9000 doppiato in italiano da Gianfranco Bellini. Con tutto il bene detto da Kubrick sull'attore originale Douglas Rain – «una voce da vicino di casa intelligente, piena di sincerità e al contempo attraente» – Bellini coglie molto meglio quella che Clarke chiamava «la calma assunzione di superiorità» del computer, quella voce che vuole essere rassicurante ma finisce per suonare saccente. Quando il reporter della BBC gli chiede se si senta frustrato perché costretto a dipendere dagli astronauti, Hal risponde «Nemmeno minimamente» ed è chiaro che Bellini pensava «Che domanda stupida.» Bellini era veramente un grandissimo attore: quando Bowman fa presente a Hal che non trova nessuna avaria nell'elemento AE35, il tono con cui pronuncia il laconico «Sì» è quello del bambino colto con le mani nella marmellata. Il suo timbro di voce nasconde anche una certa qualità subdola, che paga tantissimo nel pre-finale del film.
Per finire, quale sarà il prossimo film su cui scatenerete i vostri poteri di ricerca d'archivio? O avete altri progetti futuri in mente?
Simone: Io, tempo permettendo, continuerò solo su 2001; ho alcune linee di ricerca e bozze di articoli su cui sto già lavorando. Come dicevo prima, è impossibile dire di sapere tutto di questo film, ma ci sono ancora tante cose da raccontare.
Filippo: Ho alcuni libri possibili in mente, alcuni più seri altri più pop, che richiederanno ancora un po' di tempo. Intanto continuo a portare in varie conferenze internazionali alcuni scampoli delle mie ricerche kubrickiane, che di solito vengono pubblicate su riviste o libri accademici. Dopo lo studio sui 55 progetti incompiuti di Kubrick che ho presentato a Leicester, mi sono dedicato all'altalenante (per non dire schizofrenico) rapporto dello scrittore Anthony Burgess col suo romanzo Arancia Meccanica e col film di Kubrick, che ho raccontato a Londra l'anno scorso. Ho da poco visitato la Fondazione Burgess a Manchester dove ho trovato molte altre interviste dello scrittore, lettere con Kubrick, contratti, bozze inedite, incluso il cosiddetto sequel The Clockwork Condition. Qualche mese fa ho concluso lo studio di tutte le bozze scritte da Ian Watson per A.I. Intelligenza Artificiale: 233 mila parole in 10 mesi di lavoro. Voglio dire, Delitto e castigo di Dostoevskij è più corto!
Simone: E tutti e due siamo stati a metà luglio a Leiden, in Olanda, dove si è tenuta una settimana di incontri dedicati a Kubrick a cui hanno partecipato tutti i maggiori esperti del settore. Tra gli obiettivi del workshop c'era quello di delineare il futuro degli studi su Kubrick: ci siamo interrogati su cosa resta ancora da capire e come sia meglio utilizzare i documenti custoditi presso gli archivi ora aperti. Nuovi libri di ricerca si affacciano all'orizzonte!
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Ringrazio Filippo Ulivieri e Simone Odino per la disponibilità, e ricordo che è uscito in cartaceo il loro libro.
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