La collana "Darkside" della Fazi Editore presenta un nuovo grande thriller di Franck Thilliez: Il manoscritto.
La trama
Léane Morgan è considerata la regina del thriller, ma firma i suoi libri con uno pseudonimo per preservare la propria vita privata, che ha subito un profondo sconvolgimento: sua figlia Sarah è stata rapita quattro anni prima e la polizia ha archiviato il caso come omicidio a opera di un noto serial killer, pur non essendo mai stato ritrovato il corpo della ragazza. Dopo la tragedia, del suo matrimonio con Jullian non è rimasto che un luogo, la solitaria villa sul mare nel Nord della Francia che Léane ha ormai abbandonato da tempo; ma quando il marito viene brutalmente aggredito subendo una perdita di memoria, lei si vede costretta a tornare in quella casa, carica di ricordi dolorosi e, adesso, di inquietanti interrogativi: cosa aveva scoperto Jullian, perso dietro alla ricerca ossessiva della verità sulla scomparsa della figlia? Intanto, nei dintorni di Grenoble, viene ritrovato un cadavere senza volto nel bagagliaio di una macchina rubata: potrebbe forse trattarsi di un’altra vittima del presunto assassino di Sarah. Le intuizioni del poliziotto Vic, dotato di una memoria prodigiosa, permetteranno di incastrare alcuni tasselli del puzzle, ma altri spaventosi elementi arriveranno a confondere ogni ipotesi su una verità che diventa sempre più distante, frammentaria e, inevitabilmente, terribile.
Franck Thilliez, maestro del giallo francese, proprio come la protagonista del Manoscritto, costruisce un intreccio calibrato al millimetro, giocando con i temi perturbanti del doppio e della memoria, incastrando in ogni svelamento un nuovo mistero; il risultato è un thriller implacabile, che non lascerà scampo a nessuno, lettore compreso.
L'incipit
L’inverno. Affamato, terribile, implacabile. Scoraggiava i podisti della domenica e già spazzava via con la sua ala gelida tutti i buoni propositi per il nuovo anno. Sarah ci vedeva al contrario un’ulteriore motivazione per il suo passatempo. Le gare regionali di mezzofondo si avvicinavano e lei voleva fare bella figura.
Con i capelli biondi raccolti sotto un berretto di lana blu e verde, le mani infilate in guanti da running e la luce led al braccio, la diciassettenne scese di corsa i gradini della villa e si affacciò allo studio.
«Mamma, io vado!».
Nessuno le rispose. La madre era di sicuro a passeggiare sulle dune o in riva al mare, in cerca di ispirazione per il nuovo romanzo. E suo padre, direttore in un’azienda che si occupava del recupero di edifici storici, non rientrava mai prima delle 19, se non le 22 negli ultimi tempi. Ai suoi genitori capitava sempre più spesso di non incrociarsi nemmeno, di guardarsi appena, di cenare senza parlare, uno di fronte all’altra, come due pesci rossi. Ecco perché Sarah non si sarebbe mai sposata. Già non superava mai i tre mesi di fila con uno stesso ragazzo, figurarsi diciannove anni nello stesso acquario…
“L’ispiratrice” svettava dietro le dune della baia dell’Authie, all’estremo nord di Berck-sur-Mer. A Sarah quel nome, “L’ispiratrice”, sembrava stupido, ma era stato tra i muri di quella villa – un rudere comprato a poco prezzo dieci anni primi e allora noto come “La Rosa delle sabbie” – che Léane, sua madre, all’epoca maestra, aveva scritto il suo primo romanzo di successo. Ci si arrivava attraverso un sentiero di asfalto malmesso, trecento metri dopo aver superato il faro bianco e rosso che vegliava sulla costa. La casa in stile normanno segnava in qualche modo la fine della civiltà e l’inizio del regno della natura. Gli unici visitatori erano una manciata di gabbiani, appollaiati sul tetto in ardesia continuamente spazzato da venti carichi di sabbia. Sarah detestava quella sabbia, quella materia ripugnante che penetrava nel minimo interstizio, sferzava le finestre, incrostava le auto.
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