La collana “I Classici del Giallo Mondadori” di giugno (n. 1421) presenta un grande recupero: Ventimila hanno visto (The American Gun Mystery, 1933) di Ellery Queen.

La prima apparizione italiana del romanzo risale al 1935, come numero 118 della collana "I Libri Gialli" (Mondadori), con lo stesso titolo ma la traduzione di Cesare Giardini.

La trama

Buck Horne, ex divo dei film western, è ormai sul viale del tramonto. L’unico pubblico disposto ad ammirare le sue cavalcate non è più quello che gremiva le sale cinematografiche, bensì quello degli spettacoli itineranti. Ed è un grande rodeo la sua occasione di riscattarsi, di rivivere almeno in parte i fasti del passato. Ma nel corso della serata inaugurale, tra avvincenti galoppate e il crepitare delle pistole, un proiettile gli trapassa il cuore mettendo fine ai tardivi sogni di gloria. Un omicidio in piena regola commesso sotto gli occhi attoniti di ventimila spettatori. Il che significa un’intera folla di sospettati, cui si aggiungono cowboy e star di Hollywood: chi di loro ha sparato, e perché? Quel che è peggio, l’arma del delitto non si trova. Il caso apparirebbe così senza soluzione, se non fosse che uno dei ventimila si chiama Ellery Queen.

L’incipit

— Per me — disse Ellery Queen — una ruota non è tale se non può girare.

— Questo puzza in modo sospetto di pragmatismo — dissi io.

— Definitelo come vi pare. — Si tolse il pince-nez e cominciò a strofinare vigorosamente le lenti, com'era sua abitudine fare quando era pensieroso. — Non intendo dire che non sono in grado di riconoscere una ruota come un oggetto fisico di per sé, ma semplicemente che per me essa non possiede alcun significato finché non funziona come una ruota. Ecco perché tento sempre di visualizzare un delitto in movimento. Non sono come padre Brown (sia benedetto il suo nome!), che operava basandosi sull’intuito e si accontentava di sbirciare con aria apparentemente stolida un solo raggio della ruota… Capite dove intendo arrivare, mio buon J.J.?

— No — replicai sincero.

— Allora sarò più chiaro con un esempio. Prendiamo il caso di quell'affascinante e irrazionale creatura, Buck Horne. Be', certe cose erano avvenute prima del delitto, e io le ho scoperte solo in seguito, ma sono convinto che anche se per qualche miracolosa circostanza avessi potuto assistere come spettatore invisibile a questi fatti preliminari, ai miei occhi essi non avrebbero avuto il benché minimo significato. Mancava la forza motrice, il delitto. La ruota era immobile.

— È sempre oscuro — borbottai — anche se mi pare di intravedere vagamente il senso delle vostre parole.

Ellery aggrottò le sopracciglia, poi le rilassò con una risatina e allungò le gambe più vicino al fuoco del camino. Accese una sigaretta e lanciò una nube di fumo verso il soffitto. — Consentitemi di indulgere al mio vizio perverso e di proseguire fino in fondo con la mia metafora… C era il caso, il caso Horne, la nostra ruota. Incastrato in ogni raggio c'era poi uno scodellino, e in ogni scodellino un grumo di colore. Ecco il grumo nero… lo stesso Buck Horne. Poi il grumo d'oro… Kit Horne. Ah, quella figliola. — Sospirò. — Poi il grumo grigio silice… il vecchio Wild Bill Grant. Il grumo color bruno, suo figlio Curly. Il grumo velenoso, color lavanda, Mara Gay, quella… come l'avevano battezzata i giornali? L'Orchidea di Hollywood. Dio mio! E poi Julian Hunter, suo marito, il grumo verde cupo del nostro spettro. E Tony Mars… il bianco? E il nostro campione Tommy Black… un bel rosso sanguigno. Woody il Monco…? Per lui il giallo serpente. Quanto a tutti gli altri… — Sogghignò fissando il soffitto. — Che galassia di colori! Ora osserviamo questi piccoli grumi di colore, ognuno un elemento a sé stante, ognuno una minuscola quantità da soppesare e misurare, ognuno ben distinto dagli altri. A riposo, immobili, separati, che cosa significavano per me? Assolutamente nulla.

L'autore

Ellery Queen è lo pseudonimo dei cugini statunitensi Frederic Dannay (1905-1982) e Manfred B. Lee (1905-1971), che insieme hanno dato vita a una delle firme più prestigiose nella storia del giallo. Il personaggio da loro creato ha raggiunto una vastissima fama come autore di romanzi e racconti, e ha promosso il recupero di opere del passato e la scoperta di nuovi talenti curando antologie e riviste come l’“Ellery Queen’s Mystery Magazine”, per decenni il più importante periodico di narrativa poliziesca al mondo. È stato tra i fondatori dell’organizzazione Mystery Writers of America e ha vinto più volte il premio Edgar.

Info

Ventimila hanno visto di Ellery Queen (I Classici del Giallo Mondadori n. 1421), 256 pagine, euro 5,90 – Traduzione di Gianni Montanari