A breve uscirà il nuovo romanzo di Piergiorgio Pulixi, L'isola delle anime (Rizzoli). Ne abbiamo parlato nel corso di un incontro informale a Milano, davanti a una tazza di caffè.
Il nuovo romanzo rappresenta una svolta nella tua produzione perché per la prima volta la storia è ambientata nella tua isola. Perché questa scelta?
Ho sentito il desiderio di raccontare la Sardegna come non è stata mai raccontata, disegnando una "road crime", con collegamenti antropologici sugli antichi riti che ancor oggi sopravvivono in certe zone. Mi interessava la Sardegna autentica e arcaica dell'interno, quella delle montagne, delle grotte e della civiltà nuragica, delle maschere e dei culti antichissimi.
Puoi anticipare qualche elemento antropologico presente nella storia?
Si tratta di delitti rituali commessi nel giorno dei morti nei pressi di pozzi sacri, che rimandano al culto della Dea Madre. Nel mio romanzo il corpo delle vittime è posto in un pozzo sacro e hanno tutte sulla faccia una maschera di legno a forma di protome taurina, anche questa con un significato simbolico di controversa interpretazione. Ho fatto uno studio approfondito sulla simbologia dei luoghi e dei riti. Recenti scoperte archeologiche hanno portato alla luce grotte nuragiche con incisioni rupestri che raffigurano simboli sacri come, appunto, le protomi taurine e le pintaderas, una sorta di spirale simbolo dell'eterno ritorno.
Nella civiltà prenuragica venivano compiuti sacrifici di animali e forse anche umani per propiziarsi la divinità affinché allontanasse gli spiriti maligni e favorisse i raccolti. Poi ci sono le "domus de janas", tombe ipogee considerate come luoghi di passaggio fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Ancor oggi in certe zone interne la notte del 2 novembre nelle case vengono imbandite le tavole perché i morti potrebbero tornare nel mondo dei vivi e bisogna propiziarseli.
Chi sono i personaggi principali del tuo nuovo romanzo?
Sono due donne poliziotto, Eva Croce, milanese, e Mara Rais, sarda. Provengono da esperienze molto diverse e tutte e due sono state mandate sull'isola per una sorta di punizione. La loro visione del mondo è quasi agli antipodi e questa dicotomia mi è servita per narrare le vicende da punti di vista diversi. Sono chiamate a risolvere dei casi non risolti, i cold case. Alle due donne ho affiancato un anziano poliziotto, vicino alla pensione, che a suo tempo si era occupato dei casi senza riuscire a risolverli: una sorta di passaggio del testimone. Un altro personaggio è la natura selvaggia che riflette i loro stati d'animo.
Si assiste da un po' di tempo a una svolta al femminile nella creazione dei personaggi inquirenti. Penso a Sara e Teresa di De Giovanni e alla quadrilogia di Carlotto. Forse il primo è stato Lucarelli con Grazia Negro. Anche tu hai sentito la stessa esigenza o è stata un suggerimento dell'editore?
Per tanti anni, direi fin dalla nascita del giallo, il ruolo della figura inquirente è stato appannaggio maschile. È vero, anche nella letteratura la presenza delle donne si sta affermando, ma nel mio caso non c'è stato nessun suggerimento. Avevo già creato il personaggio di Franca Rame, dirigente di Polizia e Rosa Lopez de "Lo stupore della notte". In questo caso ho voluto fare un romanzo femminile corale. La presenza femminile si sposa bene con l'elemento matriarcale della società sarda dell'interno: le donne sono ancora depositarie del tramandarsi di certi riti: sopravvive anche uno sciamanesimo femminile.
Torniamo a L'isola delle anime. È un romanzo a sé stante o il primo di una serie?
Ho pensato a una trilogia, non amo le serie lunghe. Vediamo come va il primo. Volevo raccontare l'isola nel suo lato più oscuro, il carattere e la personalità dei sardi. Quello che negli Stati Uniti chiamano il "southern noir", lo sfumatura rurale del noir.
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