“È un condominio in stato di semiabbandono. Originariamente era composto da monolocali destinati da una compagnia aerea ai propri dipendenti di passaggio, poi la società è fallita e la mafia ne ha acquistato un pezzo alla volta. Adesso è diventato una specie di bordello. Tutte le prostitute che battono la strada da viale Zara sino a piazzale Loreto portano là dentro i clienti. Se guardi con attenzione vedrai che ci sono un certo numero di sfaccendati tra il bar all’angolo opposto e la galleria. Non sono sfaccendati. Sono soldati della malavita messi lì per controllare che la polizia non decida di fare incursioni a sorpresa, ma soprattutto che non arrivino i ‘duri’ di qualche gruppo rivale. È una bruttissima zona. Il viale che corre parallelo ai binari sopra il ponte ospita locali equivoci, ritrovi di travestiti, trani che raccolgono le scommesse clandestine, pornoshop, insomma tutta la solita palude di vizi e malavita che circonda le stazioni.”
Linda rispose con un grugnito. “Ho capito.”
“Vedi dall’altra parte della strada la ragazza con l’ombrello giallo limone e i jeans stinti? Manda via tutti i clienti. Aspetta me, è il mio contatto con Cocchi. Mi porterà da lui.”
“E io, reggo il moccolo?”domandò Linda vagamente indispettita.
“No, mi guardi le spalle. Scendi dalla macchina e sali per la scala posteriore, si trova tra un garage e un elettrauto.” Bruno trasse di tasca il cellulare e azionò un tasto. “Questo è il segnalatore che ti indica la mia posizione. Non so a quale piano saliremo ma, in caso ci fossero brutte sorprese, saprò di poter contare su di te.”
Lei gli rivolse un sorriso feroce estraendo la Glock per mettere il colpo in canna. “Come sempre, Meu bem.”
Bruno sorrise, malgrado tutto. Vent’anni che aveva lasciato la comunità cinoportoghese di Macao e ancora Linda non aveva perso quell’intercalare da telenovela…
La pioggia si era ridotta a una rada cascatella di calde gocce. Dall’asfalto bagnato il calore tornava a salire saturo di cattivi odori. Bruno attraversò la strada osservando la ragazza. Il suo contatto manteneva l’ombrello aperto. Carina, belle gambe inguainate da jeans sbiaditi. Dalla tasca posteriore spuntava il passaporto con il permesso di soggiorno, precauzione diffusa tra le prostitute dei giri più organizzati in caso di retata. Un paio d’auto rallentarono ma lei rifiutava tutti. Si accorse di Bruno non appena lui arrivò a un paio di passi di distanza, sapeva cosa aspettarsi.
“Ciao, andiamo?”chiese sfoggiando un sorriso commerciale.
“Claro que sì, mamacita”, replicò Bruno appositamente in spagnolo. “Quanto quiéres?”
“Ciento mil lires en mi casa… hablas espanol?”
Era stato Cocchi a stabilire quel codice. Bruno sorrise. “Solo por buscar fiesta, mamacita. Da donde vienes?”
Sul viso della ragazza si allargò un sorriso. “Paraguay, y me llamo Mercedes…. Vai avanti tu… stasera c’è in giro la polizia. Aspettami davanti al portone.”
“ D’accordo”, rispose Bruno allungando il passo. Fino a quel momento tutto regolare, sperava solo che sulla strada ci fosse solo qualche ronda svogliata della polizia. Milano, a quell’ora e in quel posto, rivelava un viso spiacevole.
Linda si muoveva in fretta, nervi tesi, come sempre prima di un’azione. Superò un negozio di parrucche che vendeva a immigrati di colore e fungeva da punto di raccolta anche di notte ed entrò in una via quasi completamente avvolta nel buio. Ne lesse il nome sulla targa. Linda non poteva saperlo ma, quando Bruno era stato bambino, quel vicolo aveva ispirato una famosa canzone popolare italiana. Ma era l’altro secolo e tutto era cambiato. Linda si accostò alla parete dell’edificio sgusciando tra le auto posteggiate a spina di pesce. Individuò il garage e l’elettrauto, quindi la porta sul retro del palazzo-bordello. Forzare la porta non fu difficile. All’interno l’accolse un odore penetrante di immondizia abbandonata. Davvero un bell’ambientino…
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