“Ti mancava Milano?”

Bruno Genovese accostò l’auto al marciapiede. Sulla sinistra i pneumatici grattarono spingendosi sul marciapiede. Strada stretta, la pioggia picchiettava su pozze lucide di riflessi luminosi. Bruno si guardò in giro. Sull’angolo con viale Lunigiana un bar con qualche pretesa d’eleganza aveva preso il posto di un negozio di giocattoli.

“E a te, manca la tua vecchia faccia?” chiese alla donna seduta al suo fianco. Bruna, lunghi capelli sulle spalle, lineamenti di una bellezza innaturale, come scolpita.

Linda Casillas sospirò. “Tutte le mattine mi guardo allo specchio e mi chiedo se non era meglio prima.”

“Per me è lo stesso. Da queste parti abitavano i miei. Ogni volta che rientro a Milano mi rendo conto di quanto sia cambiata.”

Rimasero per qualche istante ad ascoltare i rumori del traffico filtrati dalla pioggia. Il vero problema - e lo sapevano entrambi - era che il passato, quello che ricordavano a volte con rimpianto, era passato e basta. Loro avevano scelto di cambiarlo e c’era poco da fare. Bruno si passò la mano sul viso. La vecchia cicatrice ormai era diventata una piccola serpe di tessuto mal cicatrizzato. La sua compagna, Linda Casillas, invece, aveva speso una fortuna per diventare bella come una diva del cinema ma era rimasta un’assassina. Oggi condividevano un’esistenza pericolosa che, a rifletterci, era una specie di droga, impossibile da abbandonare. Linda era cresciuta in quel mondo, aveva cercato di sfuggirne e non c’era riuscita. Lui, al contrario, era un ragazzo che aveva inseguito il sogno di diventare un eroe. E, quando il sogno era diventato realtà, aveva rivelato realtà spiacevoli. Ma ormai era tardi, non sapeva fare altro.

“Vorresti tornare indietro?” chiese lei.

“ No, e neppure potrei. Come te.”

“ Perciò smettiamola di piangerci addosso e vediamo di farci un’idea precisa di cosa ci aspetta.” Il traffico verso piazzale Loreto, nel buio, sfavillava come un fiume di lava. Di colpo tornarono a respirare un’aria viziata, sporca, perfettamente in linea con il loro incarico.

“Le informazioni sono in vendita”, soggiunse Bruno. “L’uomo disposto a passarcele si chiama Michele Cocchi. Uno sfruttatore legato a certi gruppi che controllano il giro delle sudamericane. A quanto pare la geografia della malavita sta cambiando, anche qui. Ci sono nuovi giocatori, gente dell’Est, alleati scomodi per le vecchie bande che hanno dovuto subire. Bruckner è convinto che Cocchi ci possa portare a Caspar Dragan.”

Linda Casillas s’irrigidì sul sedile del passeggero. Georg Bruckner era il mentore di Bruno. Una vecchia volpe della Guerra Fredda, convinto difensore dell’Europa Unita. Con la benedizione della Corte di Giustizia dell’Aja aveva formato un nucleo. Distaccamento Speciale Sicurezza, pochi e ancora non perfettamente organizzati agenti, addestrati per combattere terroristi e criminali di guerra. Caspar Dragan era la loro bestia nera. Signore della guerra serbo, dopo la caduta di Milosevic era il ricercato numero uno nell’Europa del Sud. Un bandito e un criminale di guerra. Introvabile. E Linda, la mercenaria, quella che non voleva legami con nessun gruppo si era lasciata convincere da Bruno a partecipare. “Com’è nato il contatto?”

“Cocchi ha detto che avrebbe parlato solo con me. Vuole duecento milioni di lire per rivelarci dove si nasconde Dragan.”

“Com’è che sei amico di un pappone?”

“Non siamo amici. Lo conosco e basta. Vecchie questioni, del tempo in cui non ci conoscevamo. Son passati anni, ma Cocchi è convinto di potersi fidare di me.”

Linda non commentò ma inarcò un sopracciglio. “Ta Bom” qual è il piano?

Bruno slacciò il giaccone di pelle. Sentiva il peso della Beretta alla fondina in cintura e, nella tasca sul petto, della busta con il denaro. La sfiorò con le dita. “Oltre l’angolo, prima del ponte sulla sinistra c’è un palazzo con uno spiazzo adibito a parcheggio.”

“Lo vedo”, confermò Linda stringendo gli occhi a fessura. La pioggia sembrava diminuita d’intensità.