Marsilio manda in libreria un romanzo giallo uscito originariamente trent’anni fa. Si tratta di “Floppy disk” di Gaetano Cappelli. Giallo a tutto tondo che ruota intorno a un floppy disk, il supporto magnetico che anticipò i CD-Rom, per poi via via sparire nel mondo di internet, oggi sostituiti dalle pendrive USB. Questo Floppy disk, si verrà a sapere più avanti, conteneva dati relativi a un traffico d’armi, e venne affidato da un certo Carlo, uomo che sembra vivere di rendita, a un giovane, senza arte né parte né dimora, ma elegante e di buona compagnia, che egli ha accolto nella propria casa, affinché lo consegni a una donna, Lisa Welmer, della quale resterà particolarmente colpito per la bellezza e un certo fascino, che si rivelerà essere quello della tipica dark lady.
Questo giovane è anche il narratore della storia, per il cui stile Cappelli ha usato una scrittura molto sincopata, veloce, composta di frasi brevi e fulminanti, che ricordano un po’ lo stile di Raymond Chandler. In un colloquio con Giovanni Pacchiano, che al romanzo ha posto una esaltante post fazione (“lo ritengo il miglior romanzo in assoluto uscito negli ultimi vent’anni del Novecento”) , Cappelli spiegò che: “Per quanto riguarda il mio particolare stile di allora, penso che molto importanti furono gli studi sulla musica minimalista, che si basa sulla progressione di quelle piccole molecole di suono che cercai di riprodurre in una scrittura rigorosamente paratattica. Minimal, trance music e elettronica incolta è uno dei libri che pubblicai prima di dedicarmi al romanzo”. E, infatti, il romanzo corre come un treno, in questo stile adeguatissimo all’accavallarsi di situazioni e colpi di scena che travolgeranno la vita del nostro protagonista tra fughe, sparatorie, morti ammazzati, voltafaccia continui, sesso, sorprese, in una dimensione di suspense che spinge il lettore a non fermarsi mai.
Certo, a non sapere che il romanzo è della fine degli anni Ottanta, si resta un po’ perplessi di fronte a frasi come “sentii il brusio delle linee telefoniche che si accavallavano” e che la macchina potente per la fuga sia un’Alfetta, che è ormai da anni fuori produzione, ma, fatti salvi questi e pochi altri dettagli, il giallo c’è tutto, con la sua storia avvincente, i personaggi credibili, lo sfondo internazionale, a livello di spy story, che si profila via via che si procede e anche i riferimenti agli anni di piombo italiani. Tutti i protagonisti, a esclusione del più giovane io narrante, provengono dalla stagione rivoluzionaria, e di ideali ben presto traditi al cospetto dei guadagni personali che si potevano trarre entrando in un certo giro. Solo il giovane protagonista, ingenuo fino a un certo punto, innamorato di Lisa Welmer, che gli si concede per proprio tornaconto, si salva da una situazione in cui tutti sono contro tutti. Ingenuità che Pacchiano nella sua ampia postfazione giudica frutto di “un atipicissimo e ancor più raro iper-realismo magico. Cifra palesemente ossimorica data dal contrasto fra la violenza degli spargimenti di sangue, teste spaccate, sbudellamenti da un lato e, dall’altro, il sonnambulismo, come appunto si è detto, del protagonista, che attraversa tutta la vicenda con occhi sbarrati che mescidano e confondono realtà e sogno e fantasticherie. Tanto da offrirci la tentazione, certo non corretta ma invogliante, di affermare che nulla è avvenuto se non nell’immaginazione di un giovane, inesperto della vita e sedotto dalla protervia di una bellissima fata per cui ha perso la testa. O è forse l’autore, padrone della finzione, che si è inventato il sogno di un sogno?”.
Sicuramente, nonostante la violenza, l’autore ha scritto questo romanzo con divertimento, tanto da riuscire a trasmetterlo al lettore che, preso dall’ingranaggio narrativo e dalla forte visibilità delle scene e dei personaggi, entrambi caratterizzarti da forti quanto singolari dettagli coloristici (ben ricordati da Pacchiano nella postfazione) contiene in sé lo spirito leggero di un fumetto d’autore.
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