Dopo l'iniziativa "Estate 2018: Leggiamo italiano", dove ho intervistato più di venti scrittori pubblicati da maggio ad agosto, è il momento di sentire un po' anche l'altra parte dello "specchio": cosa dicono i lettori? Non sempre le case editrici si pongono questa domanda, che invece dovrebbe essere l'unica all'ordine del giorno.

Se siete lettori forti e appassionati e volete essere intervistati scrivetemi pure, intanto comincio a sentire cosa pensa un lettore fortemente appassionato come The Obsidian Mirror. Che è il nome del suo blog, ma per me è anche il suo nome di battesimo. Per gli amici… TOM!

Anche TOM è adepto del Re in Giallo!
Anche TOM è adepto del Re in Giallo!
The Obsidian Mirror è fra i blog a più alta percentuale libraria che conosco: quanto è grande la tua biblioteca casalinga?

Intanto ciao e grazie per avermi invitato in questo tuo nuovo salottino preautunnale. Spero che le risposte che ho in mente e che stanno per finire su questo spazio web siano di tuo gradimento. Altrimenti pazienza, vorrà dire che te ne farai una ragione!

È vero: The Obisidian Mirror è un blog che dedica una buona parte del suo palinsesto ai libri, pur non essendo tecnicamente un blog tematico. Non mi chiedere la percentuale perché non ho mai provato a calcolarla e, anche se l’avessi fatto, ciò che avrei scoperto è che è sempre tutto piuttosto variabile. Come sai il blog spazia un po’ in tutti campi, e a seconda del mio umore si occupa di queste o di quelle tematiche. Ci sono stati momenti in cui ha rischiato addirittura di trasformarsi in un blog di cinema, ma poi ho tirato le redini della baracca e sono rientrato nella multimedialità che è mi è più consona. In giro ci sono moltissimi blog che sono dedicati full-time all’argomento, e che riescono a star dietro a tutte le novità librarie come io non riuscirei mai a fare. Ecco, non posso paragonarmi a loro, ma mi fa estremamente piacere che tu veda il mio blog come un “blog ad alta percentuale libraria”.

La mia biblioteca casalinga? Mi prendi alla sprovvista, perché non sono uno di quelli che cataloga le proprie cose, anche se in qualche caso dovrei proprio decidermi a farlo. A spanne direi che parliamo di un migliaio di titoli su carta, ai quali si aggiungono gli eBook, i libri che ho lasciato da mia madre quando me ne sono andato e i libri che ho smollato a mia suocera (altra grande lettrice) per fare spazio in casa. Diciamo che, malcontati, parliamo di 1.500 libri: un piccolo gruzzoletto che è stato tra l’altro parte del motivo per cui qualche mese fa ho traslocato in una casa più grande.

Si percepisce che la lettura è una parte fondamentale della tua vita: quanto tempo riesci a dedicarle ogni giorno? E quanto è cambiato questo tempo nel corso degli anni?

Quanto tempo? Non abbastanza. Non come vorrei. Vita vuole che io trascorra 12 ore fuori casa, affaccendato in una cosa che si chiama lavoro e che non mi permette, come è ovvio che sia, di farmi i casi mei allegramente. Nel tempo che mi resta, al netto dei pasti, delle necessità fisiologiche e delle abluzioni, mi restano giusto un paio d’ore che devo democraticamente suddividere tra i libri e le tante altre mie passioni tra cui il cinema, il blog, il gatto e la fidanzata (non necessariamente in quest’ordine). Non parlerei quindi di “ore al giorno”, ma di “ore alla settimana”. Quattro o cinque. Sempre troppo poche.

Sono passati i “bei tempi” (virgolettato d’obbligo) in cui mi trascinavo avanti e indietro dal lavoro in autobus, regalando quelle tre o quattro ore al giorno da pendolare alla lettura. Sono anche passati i tempi della spensierata giovinezza, quando avevo a disposizione lunghi pomeriggi di immersione nella lettura, solo in parte dedicati a quella che mi sarebbe stata necessaria per arrivare in qualche modo al diploma.

Conoscendoti do per scontato che per te "libro" è una parola a forma di carta, ma che ne pensi dell'editoria digitale e delle possibilità che consente?

In effetti per il cartaceo ho sempre avuto un occhio di riguardo, e probabilmente sarà sempre così, ma ad attirarmi non è quel famoso concetto di “profumo della carta” (che poi così profumata non è) che viene puntualmente tirato in ballo dai puristi dell’uno e dell’altro supporto. La carta ha quel fascino inarrivabile che solo chi ha passato una vita a frugare nei mercatini libreschi dell’usato può capire. Vuoi mettere trovare quel libro che non ti aspetti, in quell’edizione che non ti aspetti (e a volte al prezzo che non ti aspetti) sotto montagne di pubblicazioni ammuffite e dimenticate? Il digitale non ti regala la stessa emozione.

Apprezzo comunque l’editoria digitale per le sue infinite possibilità, non ultima quella di essere teoricamente immune dal tempo (almeno finché il mondo digitale continuerà a basarsi su un sistema numerico posizionale in base due). Apprezzo tantissimo la possibilità di poter avere tutto e subito con un click, particolare che per un compratore compulsivo come me è fondamentale (anche se pericoloso). Apprezzo la possibilità di poter risparmiare qualche euro, così come apprezzo la possibilità di risparmiare spazio in casa. Apprezzo la scelta praticamente infinita che mi si pone davanti, il che è senza dubbio un’opportunità per tutti, autori e lettori. Aumenta proporzionalmente il rischio di leggere delle boiate, questo è vero, ma almeno saranno boiate che avrò pagato pochi centesimi (e, detto tra noi, ci sono in giro boiate di carta a venti euro che, se ci sbatti le corna, lì si che ti fai tanto male).

Essendo, come sai, un onnivoro, mi sono ovviamente dotato di entrambi i supporti Kindle e Kobo e ho iniziato sin da subito a popolare la loro RAM di ogni cosa di vagamente leggibile mi sia capitato sottomano. Ma il problema alla fine sai qual è? Che quando arriva il loro momento, inevitabilmente, li trovo con la batteria a zero… e così mi rifugio di nuovo nel cartaceo.

Quando devi decidere che libro leggere come ti comporti? Guardi i libri che hai in casa o sfrutti segnalazioni lette in giro? O vai direttamente in libreria?

Sono tre momenti assolutamente distinti! Non me li puoi sovrapporre in questa maniera! Mi spiego meglio: se mi viene l’istinto di iniziare un libro lo faccio subito pescandolo fra quelli che già ho altrimenti, se perdo l’attimo, è finita. È lo stesso meccanismo per cui, se mi viene una fame improvvisa la domenica pomeriggio (una di quelle domeniche pigre quando neanche mi tolgo il pigiama), guardo in frigo e mangio quello che trovo. Così come non mi vesto per andare al centro commerciale, allo stesso modo non mi vesto per andare in libreria (che poi viene tardi).

La libreria, tra l’altro, non è un negozio come gli altri: è luogo sacro dove si vanno a fare i pellegrinaggi. Solitamente ci si prende del tempo (non meno di due ore) e lo si consuma errando tra gli scaffali come un paleontologo alla ricerca di una vertebra di plesiosauro. Difficilmente si fanno acquisti per l'immediato. Le segnalazioni lette in giro servono a risvegliare in me l’acquisto compulsivo che può avvenire in ogni momento e in ogni luogo. Soddisfano in genere due bisogni: il desiderio malato di spendere soldi per rinfrancare lo spirito (quello che altri fanno comprando scarpe o vestiti) e la voglia di cazzeggio senza regole nei siti delle librerie online.

La risposta quindi non può essere che una: scelgo tra quello che già ho. Anche perché non è che posso continuare ad accumulare in questa maniera in eterno!

Quale caratteristica fondamentale dovrebbe avere un qualsiasi romanzo per appassionarti?

Premesso che negli ultimi anni, per le questioni di tempo citate sopra, mi sto dedicando quasi esclusivamente alla narrativa breve (oltre le 200 pagine desisto), lasciami dire che la condicio sine qua non è che sia scritto bene: niente orrori grammaticali, niente refusi, niente appesantimenti dovuti alla stessa parola ripetuta quattro volte in due righe. Dico questo perché ultimamente mi è capitato spesso di vedere robe del genere (ma qui torniamo al discorso del rapporto qualità/prezzo di cui dicevamo parlando di editoria digitale).

Altre cose? Direi di no, potrei appassionarmi a tutto senza distinzione, purché ciò che leggo sappia arricchirmi e intrattenermi.

Oltre a presentare corposi e approfonditi cicli legati a libri di varia natura, nel tuo blog fai anche "servizio editoriale pubblico": cioè presenti ghiotte novità librarie di autori e case editrici che spesso viaggiano sotto i radar. Sono tue "scoperte" o sono autori e case che ti contattano?

La maggior parte delle news che trovi in una rubrica come T.D.F. [Traditi dalla fretta] (teoricamente bimestrale) derivano dai miei vagabondaggi in rete. Tra una puntata e l’altra prendo nota delle cose che mi incuriosiscono e le tengo lì a macerare in attesa del loro momento. Servono anche come promemoria per i miei successivi acquisti, oltre che per popolare la rubrica. Se diventano troppe, inizio a sfrondare; se sono troppo poche (ma non capita mai), improvviso qualcosa al momento (anche perché T.D.F. è un contenitore che non si limita alle segnalazioni librarie, come sai).

Esiste anche un mio piccolo “sottobosco” di autori e di editori che occasionalmente mi contattano proponendomi le loro uscite, ma tieni conto che cerco sempre di fare una cernita di ciò che mi arriva, giusto per non allontanarmi troppo dall’identità del blog (se mi propongono di segnalare un romanzo rosa, un saggio sulla gravidanza del calamaro o qualsiasi cosa che abbia a che fare con lo shopping tra sorelle e/o sfumature di varia cromìa, allora cedo il passo e mando il certificato medico). Viceversa, se di un autore ho già letto qualcosa che mi è piaciuto, allora da quel momento posso segnalare ogni sua nuova uscita ad occhi chiusi. Stesso dicasi per certe case editrici che conosco, specializzate a servire una determinata nicchia: ho la percezione che da parte loro ci sia una rigorosa selezione a monte, per cui ritengo di potermi fidare. Qualche segnalazione si trasforma poi in recensione, ma questa è davvero un’altra storia.

Quella che potremmo chiamare "editoria tradizionale" ha molti e seri problemi che la stanno strozzando, invece dal tuo blog esce fuori una vivace "editoria alternativa" che ha tanto da dire e da dare. Cosa ne pensi della spinosa questione?

Mah sai, non credo che l’editoria alternativa sia meno strozzata di quella tradizionale. Nessuno se la passa bene quando il mercato di anno in anno perde fatturato. Il problema è che più sei piccolo, più è facile uscire dal gioco. Hai presente il Risiko? Se ti rimangono solo una decina di carri armati è difficile che non ti vengano a spazzar via. Puoi anche avere il controllo di un “continente” facile, come l’Oceania, ma prima o poi qualcuno entra e ti fa male. E ci mette un secondo. Non è un caso che molte realtà “alternative” siano apparse tra l’entusiasmo generale per poi vaporizzarsi nel giro di un anno o due.

I colossi, d’altra parte, non è che stanno meglio; arriva un momento in cui devono per forza tagliare i costi, ridurre i margini e sperare che il vento inizi a girare al contrario. Essendo quest’ultimo punto una pura utopia, allora devi essere bravo a riciclarti vendendo cancelleria (che è pur sempre carta) oppure provando a saltare la barricata e tentare, per esempio, con l’elettronica (e-reader ecc.). Purtroppo, anche se sei un colosso editoriale non puoi spingerti molto più in là con la fantasia perché non saresti più credibile. Sarebbe come quando un famoso marchio di dentifrici provò a commercializzare risotti in busta: gente che vomitava nelle corsie dei supermercati per averne solo immaginato il sapore.

Per finire, hai qualche titolo da consigliarci fra quelli che hai scoperto di recente? O se vuoi poi ricordarci qualche gloria del passato che è sempre bene citare.

Potrei andare sul sicuro e citare dei classici intramontabili, ma voglio invece rischiare e raccomandare un paio di cosette che ho scoperto (relativamente) di recente. Nella fattispecie due raccolte di racconti (come detto la narrativa breve è un formato che ben si adatta ai miei ritmi circadiani).

Il primo titolo è Soli carbonizzati (Burnt Black Suns, 2014) del giovane scrittore canadese Simon Strantzas, la cui scoperta da parte mia risale tuttavia a un paio di anni fa.

Nelle nove storie presenti in quest’antologia, tra l’altro l’unica ad aver goduto di una traduzione in italiano grazie ai tipi della Edizioni Hypnos, Strantzas dimostra di essere una delle figure più interessanti della scena weird contemporanea. Come ciliegina sulla torta trovano spazio alcuni richiami alla mitologia di Lovecraft e di Robert W. Chambers, e tu sai bene quanto tutto ciò per me possa fare la differenza.

La seconda antologia si intitola Le cose che abbiamo perso nel fuoco ed è opera della giornalista e scrittrice argentina Mariana Enriquez: «Piccoli capolavori di realismo macabro che mescolano amore e sofferenza, superstizione e apatia, compassione e rimpianto», come recita la presentazione di Marsilio. Dal mio punto di vista è un’occasione unica per scoprire che la letteratura sudamericana non è circoscritta solo a quei due soliti grossi nomi, ma pulsa più che mai di una freschezza invidiabile.

Non tutti i racconti sono riuscitissimi, ma sono, questo sì, tutti originali e davvero inquietanti, in grado di attirare sia gli amanti del brivido che coloro che semplicemente apprezzano la buona scrittura.

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Ringrazio di cuore TOM per la sua disponibilità e per essersi "confessato" come lettore.