Con Denis Carbone…
Napoli, quartiere di Posillipo sotto un caldo boia. Fuma Rothmans e beve, a litri, cognac Macallan. Poi Maalox e Gastroloc a consolare lo stomaco. Fisico snello, capelli brizzolati, occhi azzurri, vita sballata tra scommesse, allibratori, ubriacature, scopate nelle ville dei ricchi da costargli la carriera e l’unica donna, Laura, che abbia mai amato. Via con la Clio, Bukowski, Moby Dick, Henry Miller e romanzi polizieschi nella piccola biblioteca. Carattere di merda. E’ lui, l’ispettore di polizia Denis Carbone.
Un omicidio. La ricca Ester Fornaro, divorziata da un imprenditore edile, e assatanata di sesso anche estremo, ora ai piedi della torre “la testa fracassata sull’acciottolato e le viscere che si mischiavano al plasma.” Volo di quindici metri, occhio destro fuori dall’orbita.
Bisogna indagare. Carbone deve sostituire il suo diretto superiore Lettieri richiamato a Roma per un vecchio caso (anche questo un tipetto niente male), e collaborare, forzatamente, con il vicequestore capo Tagliamonte che lo aveva scoperto tempo fa nei suoi loschi affari e spedito dritto a Posillipo. Si parte dal luogo del delitto. A colloquio con il cingalese Roshan, il domestico filippino che non sa nulla ma si avverte che nasconde qualcosa…
Tutto sembra risolto quando viene incastrato uno degli amanti di Ester. Il caso è chiuso, secondo gli alti papaveri del comando. Ma non per il Nostro che sta seguendo una pista tutta sua, con la rabbia che gli monta addosso insieme alla malinconia, ad una “strana tristezza” e ai ricordi struggenti di Laura. In continuo pericolo, due macchine che lo seguono, la mente in assillo tra un Macallan e l’altro al Copacabana e per ogni dove, il classico video, o spezzone di filmato, che “indirizza”, la verità ad ogni costo, scontro finale con botte da orbi e pistolettate da tutte le parti. Ritmo indiavolato tanto da farci restare ad ogni pagina sul chi vive, stile asciutto, veloce, senza tanti fronzoli, all’osso.
La storia è un viaggio negli ambienti torbidi del potere, un rimestamento nel marcio della polizia dentro una Napoli “puttana”, ricca, benestante, viziata, corrotta e una “terra di nessuno abbandonata all’oscenità”, tra tossici, alcolizzati, dove tutto fa pena: i treni, le rovine, perfino il mare.
Libro sponsorizzato da Giancarlo De Cataldo e Maurizio de Giovanni. Viatico mica da poco. Un lettore, però, ha scritto “Diciamoci la verità: chi ce lo vede un novello Callaghan, con la bottiglia di Mcallan in una mano e la 44Magnum nell'altra, a seminare panico per le viuzze striminzite del Moiariello e gli stradoni desolati di Via Petrarca?”.
Praticamente un personaggio da hard-boiled de noantri con tutta la forza e la malinconica fragilità della vita. Ma, senza fare paragoni impossibili con i grandi americani, si legge volentieri lo stesso.
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