Nel 1934 Agatha Christie scrive il racconto Death on the Nile, che entra a far parte della raccolta edita in Italia con il titolo Parker Pyne indaga.
Con lo stesso titolo, pubblica nel 1937 una delle sue opere più celebri, tradotta in italiano come Poirot sul Nilo, ripubblicata da Mondadori nel giugno 2017 e trasposta per il cinema nel lungometraggio Assassinio sul Nilo del 1978, con Peter Ustinov a vestire i panni del pingue Hercule.
Se il film adotta un taglio più scanzonato e quasi caricaturale nel caratterizzare i personaggi, il libro si mantiene decisamente più serio e fedele alla tradizionale narrativa della Christie, e insieme a Non c’è più scampo e La domatrice compone la sua cosiddetta trilogia esotica.
Filo conduttore di questi tre romanzi è la scelta di ambientazioni apparentemente fuori dai canoni del giallo all’inglese, anche se, a ben vedere, l’autrice opta per scenari analoghi anche in Il mondo è in pericolo e C’era una volta, che si svolge addirittura nell’antico Egitto.
In effetti, non c’è da sorprendersi che la scrittrice mostri tanta familiarità con questi luoghi.
Li conosce bene per averli visitati dapprima con sua madre, dopo la morte del padre, e di nuovo dopo il trauma del suo divorzio dal primo marito.
In Oriente infatti, conobbe l’archeologo Max Mallowan, che sposò in seconde nozze e con il quale viaggiò a lungo, accompagnandolo nei suoi scavi.
In questi viaggi l’autrice acquisisce il bagaglio di esperienze e conoscenze che ha messo a frutto nella stesura di alcune delle sue opere più iconiche, nelle quali tuttavia l’ambientazione esotica si limita a fare da sfondo.
Nei romanzi di genere investigativo gli elementi fondamentali sono l’intreccio e le relazioni tra i personaggi e le dinamiche legate a questi fattori conducono di fatto la narrazione.
L’ambientazione contribuisce ad arricchire o caratterizzare la messa in scena della vicenda, al pari di una spezia che insaporisce un piatto, ma non ne costituisce un ingrediente essenziale.
L’Egitto di Poirot è come il fondale in una rappresentazione teatrale: il lettore è instradato nel figurarsi scene e colori, ma la storia potrebbe essere trasposta altrove senza perdere le sue connotazioni principali.
Ai fini del delitto e della sua soluzione, conta la circostanza che i fatti si svolgano a bordo di un battello.
Quanto alla trama, il setting egiziano conferisce lirismo e una nota di originalità, per l’epoca, esaltando l’elemento tragico-romantico del dramma amoroso, ma poco aggiungendo alla meccanica dell’omicidio.
L’avventura dell’investigatore belga nella terra dei Faraoni rimane quindi intrinsecamente british, per costruzione dell’intreccio e quanto alla caratterizzazione dei personaggi.
A bordo del piroscafo Karnak, che risale il Nilo per una crociera, si verifica l’immancabile delitto.
La vittima è una giovane ereditiera in viaggio di nozze, inseguita dalla nemesi di un amore tradito e circondata da una schiera di personaggi che, per opportunismo, interesse o semplice invidia, hanno tutti motivo per odiarla.
Non che Linnet Doyle faccia molto per farsi amare, a dir la verità.
Il suo carattere autoritario, persino egoista, offre molti spigoli alle interazioni con gli altri personaggi, ma d’altra parte è anche la conseguenza di uno spirito indipendente.
Quando nelle prime pagine del romanzo riflette sulle possibili scelte da fare circa il suo futuro, Linnet emerge da subito come una donna determinata a rimanere padrona del proprio destino.
Proprio questa sicurezza e autonomia la rendono il bersaglio di una serie di minacce, al suo patrimonio e alla sua vita.
Come un cappio che si stringe, il prologo presenta al lettore una varietà di figure che incombono su di lei, convergendo inesorabilmente verso la tragedia annunciata.
Fin da queste prime fasi, Poirot è il testimone della trama di rapporti che si rivelerà fatale.
Come il lettore, è uno spettatore involontario del dipanarsi degli eventi, e solo dopo il delitto prenderà in mano la situazione, arrivando alla sbalorditiva soluzione di un enigma machiavellico.
Il tema di fondo del romanzo è l’invidia, nelle sue molteplici forme.
Catalizzatrice di questo letale sentimento, la vittima si muove nel romanzo senza possibilità di scampare alla sua sorte, che è come dire che ovunque si vada, il nostro passato ci segue.
Nella narrativa della Christie si nota spesso questo senso di ineluttabilità, come una forza gravitazionale che attrae i personaggi al centro di una tela già tessuta.
In Poirot sul Nilo il lettore ha il valore aggiunto di un omicidio eseguito con arditezza e precisione, quasi incredibile per la sua complessità, che anche a distanza di così tanto tempo dalla pubblicazione non cessa di impressionare.
L’ingegnosità del disegno criminoso è uno dei piatti forti della Christie, che nella sua carriera ha congegnato molte trame elaborate, ai limiti dell’inverosimile ma che in fondo sono apprezzate proprio per questo motivo.
Ciò rende Poirot sul Nilo sia un caposaldo nella produzione dell'autrice di Torquay che una lettura imprescindibile per chiunque si accosti al giallo classico.
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