La mattina del 5 agosto 2016 in casa Esposito a Ponticelli, c'era il particolare trambusto che segnava l'inizio dei preparativi per la festa della Madonna della Neve.
Riccardo il capofamiglia, rappresentava per don Gino una presenza imprescindibile.
La stessa devozione coinvolgeva in tono minore, anche la moglie Luisa e i figli Anna e Armando. Quest'ultimo aveva già un trascorso da chierichetto, fino a quando una timida peluria sul viso lo aveva spinto ad abbandonare, per dedicarsi anima e corpo allo studio della chitarra.
Solo Riccardo aveva assecondato la sua nuova passione, sacrificandosi nella gestione della rinomata pasticceria – gelateria di famiglia.
Per questo motivo,da allora Luisa ripeteva quotidianamente ai due il suo mantra:
«Perché non ti fai aiutare da Armando dopo la scuola? Non puoi fare tutto da solo, un impegno serio sarebbe meglio dello studio della chitarra. Per farne che, poi? Suonarla in chiesa?».
Riccardo nicchiava oppure rispondeva che se lo faceva felice, a lui andava bene così.
Quella mattina particolarmente assolata,aveva suggerito ad Anna che viveva come una iattura la giornata del 5 agosto, di defilarsi, incamminandosi con calma verso la basilica accompagnata dal fidanzato. Restava Riccardo, intento a curare gli ultimi dettagli dell'abito da portatore e Luisa, che continuava a distribuire rimproveri e consigli ad entrambi, in maniera alternata.
«Se non riesci a mantenere questo impegno, è meglio dirlo chiaro a don Gino. Non puoi continuare a dividerti tra lavoro in pasticceria, impegno in comune e sostenere anche l'associazione in parrocchia! A te poi, che non pensi ad altro che a suonare; se non te lo avessi ricordato, domenica scorsa neanche ci saresti andato in chiesa. Si può sapere cos'hai da un po' di tempo? Aiuta tuo padre a questo punto. La pasticceria è destinata a te, e sarà meglio se ti abitui alle responsabilità, fin da ora».
Armando proruppe con un: tanto non ci vado più da quello. Ho deciso.
La piazza antistante la basilica era quasi completamente gremita. I 200 portatori preposti a sostenere il trono con la statua della Madonna, si asciugavano il sudore, pensando al compito che si prefigurava assai più gravoso del previsto, per quella canicola inaspettata. Don Gino fece capolino da una delle porte laterali della basilica, osservando che tutto fosse sotto controllo.
Non si accorse subito della presenza dei volti scuri di Riccardo Luisa e Armando, che si facevano largo tra la folla.
Il sacrestano scorse il furgoncino della pasticceria gelateria la “Napoletana”, puntuale nel consegnare il consueto catering; omaggio riservato al parroco e ai portatori dell'associazione. Riccardo era sempre stato generoso ma in questa speciale ricorrenza si era superato per quantità e qualità. Su suggerimento di Luisa, aveva aggiunto con una provvidenziale ispirazione, anche la frutta ripiena di gelato. Tutto fu riposto nella cella frigorifero,in attesa dei festeggiamenti che avrebbero chiuso la giornata di celebrazione.
Eppure quella mattina Riccardo non riusciva a liberarsi dell'amarezza che gli stagnava sul viso, non si toglieva dalla mente la violenza con la quale Luisa si era rivolta poco prima al figlio. Pativa quell'atteggiamento di sufficienza e insofferenza che lei sembrava avere nei confronti di don Gino, da qualche tempo.
Avvertiva una sorta di rifiuto nei confronti del parroco, e di questo non si dava ragione.
Eppure, lei più di chiunque altro, sapeva quanto gli era legato fin da ragazzino.
Sapeva, quanto era stato importante per lui avergli affidato spiritualmente Armando, il figlio nel quale tanto si riconosceva.
Proprio lui, che ancora quella mattina, lo aveva sorpreso colpendolo con una frase inaspettata; aveva definito don Gino: “quello”.
Anna parlava a bassa voce ma animatamente col fidanzato; con il temperamento deciso che sapeva tirar fuori alla bisogna. Dandogli uno spintone gli aveva urlato di tacere: come si permetteva solo di pensarle, quelle cose! Che razza di uomo era, uno che dava credito alle malelingue invidiose, ai pettegolezzi di quattro ignoranti.
Armando in preda a sentimenti contrastanti, si apprestava a prendere posto dietro il cannone sparaneve che dopo 28 anni dall'ultima volta, avrebbe riprodotto il miracolo bianco.
Quello che la Madonna aveva compiuto nel 352, dopo essere apparsa in sogno a Papa Liberio.
Era arrabbiato, frustrato perché si era reso conto di aver esagerato con la frase rivolta a don Gino. Tutti si aspettavano tutto da lui, e tutto in quel momento,era proprio ciò che lui sentiva di non poter dare.
Don Gino lo asfissiava con i sermoni sul fare felice papà, mamma, e qualunque cosa facesse, poteva sempre farla meglio.
E poi l'ultima: non doveva perdere tempo a suonare la chitarra in chiesa, ma aiutare papà. Ecco,ora siete tutti accontentati! Poi riprendendo il controllo, pensò di avere esagerato: avrei potuto con altre parole; accidenti al 5 agosto! Tutti ce l'avranno con me,adesso!
Luisa accanto a Riccardo, cercò di recuperare il sangue freddo; non voleva contribuire al dolore che avvertiva in lui.
Era troppo sensibile e fragile, Riccardo. Troppo buono, al punto da non capire più la vita, da non saper più distinguere il bene dal male, da non capire chi gli voleva bene davvero.
Aveva avuto un'adolescenza dolorosa, traumatica; chiunque lo aveva conosciuto lo intuiva.
Con enormi difficoltà, aveva provato ad aprirsi con lei, e ancora adesso non era facile toccare certi argomenti.
Poi era arrivato don Gino, e lei si era sentita messa da parte, mentre nasceva tra loro un rapporto speciale che lo aveva aiutato a superare i problemi, sostenendolo con la sua presenza costante,senza lasciarlo più.
E la sua riconoscenza non era mai venuta meno,anzi sembrava aumentare di giorno in giorno.
Così grande, da insinuarle un piccolo tarlo, che subdolamente dapprima, si era via via fatto strada, ingrandendosi sempre più, lavorando incessantemente notte e giorno. E poi gli aveva affidato Armando.
Il suo, Armando.
Anche lei c'era stata e c'era per Riccardo, senza bisogno di chiedergli altro, se non quello che aveva capito in vent'anni di matrimonio da ogni gesto, ogni scelta, ogni espressione palesata nella gioia come nelle difficoltà.
Ora tutto finirà,tutto. Si disse. Nessuna ombra.
Il sole tornerà per te e per la nostra famiglia.
Lo aveva giurato a Lei, nella penombra della chiesa il mese prima.
Anna guardava la madre che sembra insensibile al frastuono assordante della piazza:
«Mamma! Stai bene? È cinque minuti che ti chiamo, com'è possibile che non mi hai sentita»? Luisa sembrò scuotersi, e notò che Anna era sola: «Come mai sei sola?».
Anna rispose che avevano discusso perché lui era un cretino, a riportare certi pettegolezzi su don Gino, proprio a lei. E così se n'era andato, offeso.
«Dopo la neve verrà il sole» ripeté in cuor suo.
Armando fermo dietro la sua postazione, aspettava, rimuginando gli eventi della giornata.
Come tutti attendeva il momento clou, quando i cannoni avrebbero sparato nel cielo la neve del miracolo, 'a neve d' a Madonna.
Era quasi il tramonto, e il caldo per l'umidità era diventato insopportabile.
Armando contava i minuti che lo separavano dalla fine di quella lunghissima giornata.
Fortuna che dopo c'è il rinfresco, pensò passandosi il dorso della mano sulla fronte imperlata di sudore.
Riccardo si staccò dal gruppo dei portatori, andando incontro a Gino che gli aveva fatto cenno d'entrare in chiesa. Lo aveva seguito in sacrestia e lì, tra le sue braccia, si era sciolto in un pianto liberatorio.
Armando lo seguì poco dopo, calcolando che mancava ancora mezz'ora al gran finale.
Si erano ritrovati tutti e tre insieme,uniti. Ed era venuto naturale parlarsi, naturale piangere, naturale abbracciarsi e sorridere ancora.
«Mancano dieci minuti alla neve, che ne dite di fare un piccolo anticipo sui festeggiamenti? C'è un gelato speciale per me, da parte di Luisa» disse don Gino rivolgendosi ai due, che si guardavano, col sole negli occhi.
Armando fece esplodere la prima carica di neve, in perfetto orario sulla tabella di marcia.
Gli occhi di tutti puntarono in aria, per vedere il miracolo rinnovato.
Nessuno si accorse, mentre la neve ricopriva la piazza e le persone in un’atmosfera irreale, di un ragazzo che si accasciava a terra.
Nei giorni che seguirono, sui giornali si moltiplicarono le interpretazioni sul giallo di Ponticelli:
dai pettegolezzi che circondavano il parroco, al passato di violenze di Riccardo. Nessunotrovò strano che Luisa avesse dato segni di squilibrio, annientata dal dolore per la morte del figlio, né alcuno fece caso per questo motivo, alle ultime parole che lei aveva bisbigliato, dopo la sua morte. Ero certa che non ti piaceva il gelato di fragole,come tuo padre.
Mai nessuno si era insospettito, mesi addietro, quando aveva manifestato un improvviso interesse per internet; facendosi spiegare come si navigava e come si facevano acquisti in rete.
Nessuno pensò che fosse stata proprio lei ad acquistare, in rete, l'acido cianidrico da usare per la disinfestazione del giardino.
Proprio quello che giaceva ancora lì, quasi intatto, accanto al vaporizzatore.
FRANCA MAENZA (Napoli). Dopo studi di formazione classica, coltiva interessi che spaziano dalla passione per la letteratura, al cinema, la musica, l’astrologia. Attualmente, è attiva in rete come blogger e scrive di cinema, collaborando con alcune testate web per le quali ha scritto e scrive recensioni cinematografiche (Trinitynews – Mydreams). È in attesa di pubblicare la sua prima silloge poetica.
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