Maurizio De Giovanni è nato a Napoli nel 1958.
Ha raggiunto la fama col personaggio del commissario Ricciardi, attivo nella città del Vesuvio negli anni trenta, su cui è incentrato un ciclo di romanzi, tutti pubblicati da Einaudi Stile Libero, che comprende finora: “Il senso del dolore”, “La condanna del sangue”, “Il giorno dei morti”, “Per mano mia”, “Vipera”, vincitore del Premio Viareggio e del Premio Camaiore, “In fondo al tuo cuore” e “Anime di vetro”.
Nel 2012 esce per Mondadori “Il metodo del Coccodrillo”, che si aggiudica il Premio Scerbanenco, dove fa la sua prima comparsa l'ispettore Lojacono, in seguito fra i protagonisti de “I Bastardi di Pizzofalcone”.
Di questa serie, ambientata nella Napoli contemporanea, oltre all'omonimo primo volume per Einaudi sono usciti “Buio” nel 2013, nel 2014 “Gelo”, nel 2015 “Cuccioli” e nel 2016 “Pane”.
Nel 2014, sempre per Einaudi Stile Libero, de Giovanni ha pubblicato anche nell'antologia “Giochi criminali” che lo vede a fianco di scrittori come: Giancarlo De Cataldo, Diego De Silva e Carlo Lucarelli dove appare per la prima volta il personaggio di Bianca Borgati, contessa Palmieri di Roccaspina, sviluppato poi in “Anime di vetro”.
Nel 2015 è uscito per Rizzoli il romanzo “Il resto della settimana”, mentre nel 2016 è stato ristampato da Einaudi “Il metodo del coccodrillo”.
Tutti i suoi libri sono tradotti o in corso di traduzione in Francia, Germania, Inghilterra, Spagna, Russia, Danimarca e Stati Uniti.
De Giovanni è anche autore di racconti a tema calcistico sulla squadra della sua città, della quale è visceralmente tifoso, e di opere teatrali.
L'autore ha voluto rispondere a qualche domanda che gli ho posto.
Quindi senza indugiare oltre lascio a lui la parola!
Per i pochi lettori che non la conoscono potrebbe presentarsi in due parole?
Sono un lettore appassionato e uno scrittore per caso.
È autore di due serie di romanzi, “I bastardi di Pizzofalcone”, ambientata nella Napoli dei giorni nostri e quelli che hanno per protagonista il commissario della regia polizia Luigi Alfredo Ricciardi.
Quali differenze ha trovato nello scrivere questi libri? E quali analogie?
I comuni denominatori sono la mia città, che peraltro ho scelto di non nominare mai, e la tinta nera delle storie che racconto.
Le differenze nello scrivere nascono dalla maggiore difficoltà di ambientare le storie in un contesto come quello degli Anni Trenta, che evidentemente non conosco in prima persona.
Quali scelte l'hanno portata a scrivere gialli storici?
Il caso: Ricciardi è nato durante un concorso letterario tenutosi al Gambrinus, famoso bar napoletano di ambientazione liberty.
E poi ho scelto di conservare la medesima ambientazione perché quegli anni sono stati gli ultimi prima dell'avvento della polizia scientifica.
Le indagini erano essenzialmente basate sui possibili moventi più che sulle prove e questo mi affascina particolarmente.
Ha ambientato i suoi romanzi che hanno per protagonista il commissario della Regia polizia Luigi Alfredo Ricciardi negli anni intorno al 1930, nel pieno dell'epoca fascista.
Questo perché considera l'ambientazione storica una cornice insolita o c'è dell'altro?
Ut supra.
A quale dei personaggi dei suoi romanzi è più legato e perché?
Tra i Bastardi, il mio preferito è forse Francesco Romano, un uomo profondamente buono che ha problemi a dominare la rabbia e che per questo rischia di perdere tutto il suo mondo.
Tra i personaggi del mondo di Ricciardi senz'altro il brigadiere Maione, con cui condivido un profondo senso della paternità.
Quanto di lei è presente nel personaggi del commissario Ricciardi?
Quanto di storico?
E quanto di inventato?
Non somiglio a Ricciardi.
Ripeto, forse un po' a Maione.
Le ambientazioni storiche sono molto scrupolose e frutto di studi approfonditi, che siano o almeno cerchino di dare il colore e anche il comune sentire dell'epoca.
Le vicende sono integralmente inventate, senz'altro ispirate a casi di cronaca ma in maniera per lo più inconsapevole.
Si aspettava che i romanzi che hanno per protagonista il commissario Ricciardi riscuotessero un successo tale da essere ristampati dalla prestigiosa casa editrice Einaudi nella collana Stile libero?
Non me lo aspettavo, ovviamente.
Non avrei potuto.
Sono arrivato alla scrittura per caso, ripeto, ma soprattutto in tarda età.
È stato proprio un bel regalo che la vita mi ha riservato.
Tutti i lavori della serie con Luigi Ricciardi sono ambientati prevalentemente a Napoli.
Questo perché vivendoci è una città che conosce o che altro?
Effettivamente i miei racconti sono ambientati a Napoli perché è la mia città ed è l'unica che conosco bene.
Ma sono contento che le cose stiano così perché per me è un posto unico al mondo, la sola città sudamericana fuori dall'America del Sud.
Un posto magico, di bellezza struggente, pieno di contraddizioni e contrasti che rendono la città difficile da vivere ma meravigliosa da raccontare.
Quali fonti ha usato per documentarsi?
Libri, ovviamente, ma anche quotidiani dell'epoca, pur nella consapevolezza dell'allora vigente censura, e molte fotografie.
Oltre ai volumi che sicuramente userà come documentazione quali altre letture fa?
Sono un lettore onnivoro.
Potrei smettere di scrivere anche domani, ma leggere è per me necessario come respirare.
Perché pensa, sempre che per lei sia così, che la storia sia una materia che di per sé non riscuote molto interesse da parte del grande pubblico?
Non sono d'accordo, anche se naturalmente il romanzarla può renderla più suggestiva.
Da romanziere ormai affermato che consigli darebbe a chi si volesse affacciare al mondo della scrittura?
Il solo consiglio che posso dare è di cominciare solo se si ha una storia da raccontare.
E soprattutto leggere, leggere e ancora leggere.
C'è una domanda che non le è stata fatta alla quale vorrebbe rispondere?
No. Mi hanno chiesto anche troppe cose.
La mia vita non poi è tanto interessante, almeno credo.
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