Adelphi, nella sua meritevole iniziativa di ripubblicare le opere di Eric Ambler, manda in libreria “Topkapi” uno dei capolavori di questo autore considerato uno dei massimi autori di crime e spy-stories del Novecento. Uscito nel 1962, e seguito due anni dopo dal fortunato, omonimo film del regista francese Jules Dassin, con Melina Mercuri, Maximillian Shell e Peter Ustinov, che avrebbe ricevuto l’Oscar quale migliore attore, ha conosciuto una notevole fortuna editoriale. In italia lo avrebbe pubblicato Mondadori nella collana degli Oscar nel 1965, e poi negli speciali di Segretissimo, nota collana mondadoriana di spy-story, con la prefazione di chi vi scrive, nella traduzione classica, in entrambe le edizioni, di Bruno Oddera, che non ritroviamo più qui. Adelphi, infatti, l’ha affidata, ex novo, a Marigrazia Gini, che ha reso il testo ancora più scorrevole. Anche se, c’è da dire, che è il romanzo stesso di Ambler a proporsi come un’opera da leggersi tutta d’un fiato per l’immediatezza della scrittura nell’uso della prima persona (l’io narrante è lo stesso protagonista di questa crime-story, Arthur Abdel Simpson, nelle vesti dell’antieroe tipico di tutti i personaggi dello scrittore britannico), per la trama avvincente, ricca di colpi di scena e per un sottile umorismo che stempera una tensione che tuttavia si fa sentire.
“Topkapi” è la storia di una rapina al museo posto nello storico Palazzo del Sultano di Istanbul, storia che prende avvio ad Atene dove un certo Mr Harper, dall’apparente figura di uomo ricco ed elegante (alloggia niente meno che all’esclusivo Hotel Grande Bretagne di piazza Syntagma), ingaggia Arthur Simpson, un piccolo truffatore, mezzo inglese, mezzo egiziano, che si spaccia come autista e guida turistica per spillare soldi a ingenui turisti. Ma Harper non è ingenuo e, tanto meno, turista, ed ecco che ben presto Simpson si trova impelagato, senza volere, in una storia criminale più grande di lui, quando, scoperto a rubare travel check ad Harper, verrà costretto da quest’ultimo, per non essere denunciato alla polizia, a portare a Istanbul una Lincoln. A Simpson sembrerebbe di cavarsela con poco se, alla frontiera turca, dove verrà fermato dalla polizia, non scoprisse di avere le portiere imbottite di armi ed esplosivi. A quel punto, accertata la sua estraneità, Simpson sarà costretto a mettersi a disposizione dei servizi di sicurezza turchi che, nella persona del maggiore Tufan, convinto di trovarsi al cospetto di terroristi, gli farà correre i brividi dell’infiltrato, senza naturalmente averne la scorza. Brividi che saranno pure del lettore.
Al contrario di altri romanzi di Ambler, “Topkapi”, senza essere comunque l’unico dei suoi, è privo di quella cifra politica che caratterizza la maggior parte delle sue opere, dandogli quel profilo di scrittore di taglia superiore rispetto ad altri autori di narrativa di genere, per cui l’avventura, il mistero, il plot restano solo un pretesto, una chiave se vogliamo, di interpretazione della realtà di un Paese, con una predilezione per quelli mediorientali e dell’est comunista, senza tuttavia trascurarne altri.
E Adelphi, per la sua scelta di ripubblicarne le opere, l’ha capito.
Eric Ambler, Topkapi, Adelphi, pag. 241, €. 18,00
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