Con l’ex sbirro della polizia asburgica Teodoro Valier…
Venezia 1849, difesa estrema della repubblica sotto i colpi degli austriaci.
All’ex sbirro della polizia asburgica Teodoro Valier, viste le sue eccellenti qualità di investigatore, viene dato l’incarico da Daniele Manin, capo storico della resistenza, di indagare sull’uccisione di Alvise Scarpa (già sepolto), combattente volontario in prima linea, molto vicino all’ala più estrema di Sirtori. Urge scoprire l’assassino perché non si insinui che lo abbia fatto uccidere proprio lo stesso Manin.
Dunque Teodoro Valier, superati i quarant’anni, considerato una spia, un agente controrivoluzionario, morta la moglie e la figlia, aveva conosciuto la fame, praticamente straniero in terra straniera, ora “una vecchia barca che affondava nell’angolo della laguna”. Essendo in questa situazione accetta l’incarico. Chi lo deve accompagnare nelle indagini è Samuele Poli che ce l’ha con lui per una vecchia faccenda del passato (screzi continui fra i due).
Prima cosa da fare una ispezione sul luogo del delitto, un palazzetto non lontano da ponte Cavallo. La stanza dove è stato ritrovato Alvise al primo piano da una donna (la porta era aperta, dice lei) è piccola, una sola finestra aperta ricca di escrementi d’uccello sul davanzale, numerose bottiglie sparse sul pavimento. Tre uomini ubriachi, che facevano parte della guardia civica, erano con lui quel giorno al secondo piano. Ma alla partenza dichiarano di avere lasciato il portone chiuso…
Altre scoperte: una ferita sul morto non lontana dal cuore, una ferita particolare troppo larga e irregolare “Come se avessero voluto allargarla” (sparita l’arma del delitto), una collana a terra con le iniziali “LS” raccolta dalla donna che ha trovato il cadavere. L’incontro con un vecchio amico ladro lo aiuterà nella ricerca di notizie sui tre uomini citati.
Dalla moglie Lucetta Scarpa, bella e dolce (un brividino), le informazioni sul marito che sperperava tutto al gioco e aveva numerose amanti. A ciò si aggiunge il fatto di armi rubate che potrebbero essere usate per una futura resistenza anche dopo l’eventuale resa. Intanto il lettore fa le sue congetture e si pone domande come Valier: l’assassino è chi ha trovato il morto, o uno dei tre amici, o la moglie, o addirittura lo stesso Samuele Poli che aveva l’incarico di sorvegliarli?, Ed ecco un particolare, un dettaglio piccolo ma significativo che si fa largo, piano piano, nella mente dell’ex sbirro. Bugie, bugie, bugie ma qualcuno ne ha dette troppe. Bisogna incastrarlo a costo di rischiare la vita.
Bel romanzo in un contesto storico in parte vero, in parte inventato (lo scrive l’autore stesso), capace di far rivivere l’atmosfera cupa e disperata di quei tragici momenti insieme a episodi e personaggi riusciti. Discussioni su questa “Italia” che ha da venire, scene miserabili, il colera che si diffonde, piccoli cortei funebri, disgraziati con la mano tesa, bambini senza sorriso (riporto integralmente), folle inferocite, lotte tra fazioni, sotto i colpi di cannone e le scariche di fucileria degli austriaci.
Con il solitario Teodoro Valier (racconta in prima persona la vicenda) che, chiuso nel suo pessimismo, si aggira “in quel delitto come un fantasma, ascoltando le voci delle ombre”. E ne esce, anche lui stesso, come un’ombra, come un fantasma. Ma qualcosa ancora deve fare…
Sicuro che lo rivedremo.
Per I racconti del giallo ecco Il collo della bottiglia di Miller Gorini.
Romagna. Marika, diciassette anni, il collo della bottiglia verso di lei. Un gioco da ragazzi, da studenti…sfracellata al suolo dal quarto piano di un hotel. Marika e il capitano Livia Corbara che indaga sopraffatta dai suoi dolori. Intenso.
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