Un aspetto che ho sempre ammirato nell’autrice Marilù Oliva è la grande integrità artistica che dimostra nel perseguire la realizzazione del proprio progetto narrativo. E si tratta di un progetto davvero ambizioso e importante. Dopo il suo primo romanzo di genere noir, pubblicato nel 2008, quando ancora non era così raro incontrare editori di fascia media pronti a scommettere sul talento, Marilù si è costruita un pubblico di affezionati lettori grazie alla trilogia del suo personaggio seriale “la guerrera”, una giornalista free lance e investigatrice dilettante che agiva in una Bologna notturna pervasa da atmosfere sudamericane e suggestioni magiche. In un momento in cui il suo successo era in costante crescita, la scelta di Marilù è stata quella di cambiare e scrivere un romanzo sulla vecchiaia. Una scelta coraggiosa, dunque, che ci ha regalato LE SULTANE, un romanzo che, per il sottoscritto, rimane un gioiellino a parte nella produzione dell’autrice bolognese. Uno di quei libri capaci di compiere il miracolo di parlare di un tema tutt’altro che “cool” in maniera lieve, appassionante, originale, commovente. Una storia che Marilù ha scritto senza tralasciare qualche venatura di quel “nero” che, probabilmente, è ormai parte del suo DNA di scrittrice.
Dopo questa bellissima prova, quando tutti si aspettavano il ritorno alla Guerrera (o a un nuovo personaggio seriale) Marilù Oliva ha proseguito dritta per la sua strada con un romanzo sorprendente, graffiante, dalla straordinaria potenza narrativa e allegorica: LO ZOO, che ancora una volta ha convinto i suoi lettori affezionati, procurandogliene di nuovi.
E arriviamo ad oggi. QUESTO LIBRO NON ESISTE, straordinario sin dal titolo e dalla copertina, è la prova di quanto il lavoro di ricerca e di crescita di questa autrice ce la restituisca, oggi, nella sua piena maturità di scrittrice e narratrice. Parlare di un tema universale, classico, letterario come il tempo è una prova che scoraggerebbe la maggior parte degli autori. Non Marilù Oliva che confeziona un romanzo godibile dalla prima all’ultima pagina, intenso, divertente, profondo ma, allo stesso tempo, fruibile da una platea trasversale di lettori. La storia ruota intorno a Mathias, aspirante scrittore quarantene fuori tempo massimo che smarrisce l’unica copia digitale del suo romanzo ed è costretto a rincorrere le copie cartacee che aveva spedito in giro agli editori. È l’occasione, per Marilù, per parlare dell’attuale scenario editoriale Italiano (che ne esce con le ossa rotte) per raccontare del desiderio di scrivere inteso come volontà di affermare il proprio diritto di esistere (come diceva il grande Giuseppe Pontiggia). Ma si parla anche di amore in questo romanzo, di sentimenti, di legami indelebili (come quello di Mathias con il suo defunto nonno). E si parla del tempo. Marilù lo fa attraverso le riflessioni del suo personaggio, attraverso i ricordi del nonno di Mathias e del suo delirante progetto di costruire una macchina del tempo. E anche nella attenta opera di informazione e studio che sta dietro al romanzo, Marilù da (ancora una volta) una lezione di onestà nei confronti dei suoi lettori. È bello questo romanzo, si legge volentieri, diverte, sorprende, insegna molte cose e fa riflettere su tante altre (e non manca l’aspetto “noir” che ruota attorno alla misteriosa morte di un piccolo editore bolognese al quale Mathias aveva inviato il suo manoscritto…) . È la prova che in Italia ci sono autori di grandissimo livello che vanno avanti per la loro strada, che è una strada di qualità e di rispetto, supportati da editori coraggiosi (e qui va sicuramente fatto un plauso a Elliot) e da lettori affezionati. Ultima chicca… la dedica iniziale di Marilù al suo compagno è la più bella e poetica che mi sia capitata di leggere… e di libri ne ho letti davvero tanti.
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