Con Cab Bolton…
Io sono tornato di Brian Freeman, PIEMME 2015.
Lake Wales, nella Florida. Festa del Labour Day. Un uomo vestito di nero con il passamontagna. Silenzio improvviso. Fuoco su Birch Fairmont, candidato a governatore della Florida. Poi è la volta di Lyle Piper, capo della campagna elettorale dello stesso Birch. Accusato e messo in galera un leader del movimento indipendentista e separatista.
Dieci anni dopo, mentre sta per arrivare l’uragano Shayla, la moglie Diane lotta per lo stesso posto con Ramona Cortes. Ed è in pericolo secondo la minaccia scritta su un articolo di giornale al tempo del massacro “Sono tornato. Vi sono mancato?”. Ad indagare sul presente e sul passato Cab Bolton, figlio dell’ex star del cinema Tarla, un metro e novantacinque, collo lungo, capelli corti e pettinati con il gel come un riccio di mare, camminata dinoccolata, sempre vestito a puntino (non mancano nemmeno gli occhiali da sole Gucci), diamante di un carato all’orecchio sinistro. Sua amante Lala Mosqueda della polizia di Naples “cattolica, cubana, repubblicana”, in precedenza innamorato pazzo di Vivian Frost che lo aveva solo manipolato.
Altro personaggio importante per la storia è Peach, sorella di Lyle, che vive con l’altro fratello Deacon e indaga sulla morte poco chiara dell’amante Justin Keil a sua volta sulle tracce della verità riguardo all’avvenimento di dieci anni prima (e qualche segnale lo lascia). Indagini che si intrecceranno con quelle di Cab in un continuo crescendo di sorprese e colpi di scena, mentre l’uragano si fa sempre più minaccioso (un classico).
Dunque tutti gli ingredienti necessari per un bel thriller politico: il marcio delle elezioni e del potere, portaborse, mestatori di professione che qualcosa di sporco da trovare nell’altro c’è sempre, donne pericolose in carriera, spie, doppio gioco, corruzione. A ciò si aggiungano personaggi ambigui, il ricordo (spesso in corsivo) che si illumina col tempo, brevi spunti sull’assassino senza scoprirne l’identità, buon ritmo, azione, amore, sesso, mistero, segreti, colpi di scena sempre più ravvicinati fino all’esito finale che spiazza.
Refuso “Crab” al posto di “Cab” pag.38, tanto per essere pignoli.
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