Con “Il male non dimentica”, edito da Marsilio, Roberto Costantini conclude – almeno così sembrerebbe – la trilogia cominciata con “Tu sei il male”, proseguita con “Alle radici del male”, e che ha al centro la vita, perché così è alla fine, del commissario Balistreri. Costui è un personaggio, prima ancora che un poliziotto, molto particolare: misogino, ma dal grande fascino presso le donne, con le quali si accompagna quasi sempre arrivando a forme estreme di erotismo che l’autore sa far bene lievitare e descrivere; un uomo che combatte la violenza e la disonestà, che però non esita a usare egli stesso se le necessità di giustizia – prima ancora che investigative – lo esigono; un uomo infine, che ha una storia particolare alle spalle, sulla quale si è formato culturalmente e caratterialmente, oltre che un tragico episodio accadutogli nella vita che lo ha per sempre segnato: la morte della madre, spacciata per suicidio ma forse vittima di un omicidio. E’ quest’ultimo aspetto, questa sua storia personale che è al centro del suo ultimo romanzo “Il male non dimentica”: una storia i cui prodromi, e anche qualcosa di più, sono contenuti nel precedente romanzo “Alle radici del male”, e raccontati come un’ampia parentesi – quasi una storia a se stante – all’interno di quel romanzo.
“Il male non dimentica” ci ritorna con un’ostinazione, un’estensione e una forza che lo rende indubbiamente il migliore del trittico, il più compatto, il più appassionante e interessante dei tre.
Michele Balistreri, al pari dell’autore, è nato e vissuto in Libia fino alla cacciata dei coloni italiani – lì arrivati dopo la guerra italo-turca del 1912 e la conquista della Tripolitania all’impero ottomano. Portatori di civiltà, ma anche di quelle violenze tipiche del colonialismo che li portarono a far da padroni in una terra e tra genti non loro, gli italiani e, tra questi, per tornare al romanzo, la famiglia di Balistreri, acquisirono posizioni di ricchezza e potere al quale gli indigeni furono costretti a sottomettersi. In questo contesto matura il golpe di Muammar al Gheddafi che verrà attuato il 31 agosto del 1969 e che porterà, appunto, alla cacciata di coloro che sono considerati gli occupatori. Un destino che coinvolgerà il futuro Balistreri, lì nato e visceralmente legato a quella terra, tanto da sentirla ormai propria. Al punto da non avvertire distacco dai suoi coetanei libici, i figli del personale di casa Balistreri, di proprietari terrieri e affaristi, tanto da stringere con tre di essi, arabi, un patto di sangue, un’amicizia, raccontata nei particolari nel romanzo precedente, che sarà il motore vero della storia de “Il male non dimentica”. Un patto che immetterà nella storia più grande del colpo di stato di Gheddafi prima e in quello più recente della rivolta contro la sua dittatura, dei disordini seguiti e della sua uccisione poi, quegli elementi di fiction necessari a dare al romanzo quei connotati di thriller che contribuiscono notevolmente alla sua presa presso il lettore. Da questo punto di vista bisogna dire che Roberto Costantini si è mosso in maniera magistrale, usando con grande sapienza tutti quegli ingredienti che sono alla base di un romanzo di successo: mistero, intrigo, azione, sesso, ambiente, ma anche amore, sentimenti forti, passioni. Quello di un figlio per la propria madre e di uomo, anzi di uomini, che, pur nel male e nella violenza dei tempi, non dimenticano di essere uniti da un vecchio patto di sangue. Quel sangue che, ragazzi, mescolarono tra loro e alla sabbia del deserto libico, dopo essersi ciascuno tagliato le vene.
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