La casa editrice TEA ripropone, per la recente collana “I grandi detective”, uno dei primi romanzi della serie di Fratello Cadfael, dal titolo La Bara d’Argento.
In questo periodo i gialli di ambientazione storica, spesso medioevale, legati in qualche modo al mondo teologico (vuoi per i temi, vuoi per il fatto che ad indagare è un religioso), sono di moda: le storie trecentesche di Fratello Cadfael sono a loro modo un piccolo classico della letteratura di genere, come conferma anche il successo editoriale delle sue avventure, ormai arrivate al diciottesimo titolo.
Gli eventi di questa storia sono legati alla contesa tra il Monastero di Shrewsbury e gli abitanti di un piccolo borgo del Galles per la custodia delle reliquie di Santa Winifred, che lì aveva avuto i natali. L’assassinio di Rhisiart, leader della combattiva comunità ed avversario dei monaci nella contesa, mette in gioco il monaco erborista alla ricerca di una verità non scontata e di una soluzione finale sorprendente.
Fratello Cadfael è un personaggio complesso: soldato prima di diventare monaco, erborista, profondo conoscitore dell’animo umano e delle sue debolezze e capace, per questo, di ricercare soluzioni ai drammi nel quali si trova coinvolto con intelligenza, buon senso, ironia. Dovendo scegliere tra la giustizia e la legge, Fratello Cadfael non ha dubbi, sceglie la prima: interpreta la legge secolare alla luce di un primitivo senso di equità in cui si coniugano parimenti la sua scelta religiosa e le sue radici celtiche.
Le avventure di questo monaco al quale la regola benedettina risulta spesso un tantino stretta, sono una lettura piacevolissima, nella quale ci si immerge facilemente, cedendo al gioco, in attesa di una soluzione che anche se attesa, non può che far piacere. Fratello Cadfael è uno di quei personaggi ai quali ci si affeziona, il suo sguardo acuto e tollerante conquista, anche perché non ci affligge con pretenziose – e spesso vuote – velleità moraleggianti di certi best sellers.
L’impostazione delle trame è quella del giallo classico: un efferato delitto, la ricerca del colpevole, un innocente che viene sospettato e l’inevitabile – e atteso – lieto fine. Sempre, sullo sfondo, una storia d’amore e gli echi della guerra dei 100 anni. Niente di nuovo, si potrebbe pensare.
Sì, forse: talvolta però è confortante un gioco leale, schietto, che non delude le aspettative, nel quale il cattivo viene catturato e il bene trionfa. Il medioevo di Ellis Peters è certamente duro, ma è anche pieno di umanità, tolleranza, ironia e leggerezza. Virtù esemplari, in ogni epoca.
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