Se c’è un autore di fantascienza per cui ho un debole - che non può non essere considerato un guilty pleasure - questo è Mike Resnick. Eclettico e prolifico, Resnick (nato a Chicago nel 1942), inizia a pubblicare nel primo periodo di boom della narrativa paperback, quella mitica metà degli anni Sessanta, attraversata sì dalle ventate moderniste della nuova fantascienza inglese e di quella che poi - con terminologia veramente azzeccata - sarà chiamata “narrativa di anticipazione”, ma anche e soprattutto da un recupero, spesso invero dozzinale e di modesta qualità, dei pulp anni Trenta.
Sono gli anni in cui il grande pubblico, grazie alle produzioni mass market, scopre (o in qualche caso riscopre) i vari Howard, Burroughs, Hamilton, Doc Smith, e tantissimi altri autori dell’età dell’oro del fantastico, sia esso fantascienza, che fantasy.
Le prime opere di Resnick si muovono infatti sulla scia della proto-fantascienza avventurosa di cui era campione e modello di riferimento il John Carter di Marte di un altro scrittore di Chicago, Edgar Rice Burroughs, appunto: si tratta di The Goddess of Ganymede (1967) e del suo sequel Pursuit of Ganymede (1968). Ma quelli sono gli anni di un altro “mercato” clamorosamente in espansione e capace di dare da mangiare a tantissimi scrittori: il mercato del porno letterario. Come candidamente ammesso dallo stesso Resnick, l’autore, per il decennio successivo, si mise a scrivere a tappeto decine e decine di romanzi per adulti, sotto numerosi pseudonimi, e tornò alla fantascienza soltanto all’inizio degli anni Ottanta, quando la sua carriera prese una strada più definita (e alla lunga anche abbastanza costellata di successi, specialmente nella narrativa breve).
Segni distintivi di Resnick sono l’umorismo di fondo, spesso abbastanza caustico, che sottende gran parte della sua produzione, e un gusto per l’avventura che tende spiccatamente al western.
Ancora prima del recente ciclo dichiaratamente weird western, di cui parleremo tra poco, un buon numero dei suoi romanzi precedenti possono essere considerati a tutti gli effetti dei veri e propri western spaziali, con tutte le componenti classiche del genere spostate pari pari su pianeti diversi dal nostro (ma solo nel nome o in qualche caratteristica minore).
Fra i cicli che possono essere facilmente ascritti a questa categoria citiamo quello di Santiago (composto da vari romanzi usciti fra il 1986 e il 2003, uno dei quali, Ritratto in nero, è uscito anche qui da noi [Urania n. 1092]), la trilogia di Oracle (1991-1993, divertentissima e ovviamente del tutto inedita da noi) e in particolare il ciclo del Widowmaker (quattro romanzi usciti fra il 1996 e il 2005, il primo dei quali, Il killer delle stelle, è stato pubblicato anche in Italia [Urania n. 1449]).
Certo, non siamo di fronte a capolavori, ma a romanzi solidi, divertenti, ricchi di azione e di colpi di scena, dei perfetti pulp di fine millennio, e soprattutto dei western con le pistole laser invece delle più classiche Colt o Derringer (sì, perché nello spazio popolato da uomini immaginato da Resnick ci sono tutti, ma proprio tutti, i personaggi tipici dei fumosi saloon dell’Arizona, dal pistolero infallibile, alla prostituta dal cuore d’oro, al baro con gli assi nella manica, al barman con lo shotgun sotto il bancone).
Negli ultimi anni, poi, in mezzo a un coacervo di nuovi titoli di ogni genere (adesso Resnick si è messo anche a scrivere gialli e soprattutto a curare decine e decine di antologie di racconti), il nostro scrittore della Windy City ha pensato bene di gettarsi a capofitto anche nel sotto-genere fantascientifico più di moda, ovvero lo steampunk. Ha così creato un ciclo weird western vero e proprio, iniziato nel 2010 con The Buntline Special, una delirante (scegliete voi se dare all’aggettivo un’accezione positiva o negativa - sapete già quale sia la mia) rilettura di uno degli eventi cardine della storia del West, la sfida all’OK Corral, rivista decine e decine di volte al cinema e in televisione.
Fra prostitute robotiche, pistoleri non morti, mutaforme, vampiri, magia indiana e la partecipazione straordinaria di personaggi come Geronimo e Thomas Alva Edison, Resnick costruisce uno scenario (im)probabile di storia alternativa degli Stati Uniti, pieno di qualsiasi cosa possiate immaginare (forse troppe, a essere onesti), pronto a portarvi in un ottovolante di avventure che alla fin fine diverte (in modo spensierato e assolutamente tongue in cheek).
Dopo questo esordio, il ciclo è proseguito a cadenza annuale con i romanzi The Doctor and the Kid (2011, che porta sulla scena Billy the Kid), The Doctor and the Rough Rider (2012, dove Resnick riesce a portare sulla scena uno dei suoi personaggi storici preferiti - già protagonista di un cospicuo numero di racconti di storia alternativa, parzialmente editi anche da noi - ovvero il giovane futuro presidente degli Stati Uniti ed eroe della guerra ispano-americana di fine Ottocento, Theodore Roosevelt - che ricordiamo anche come statua animata di Una notte al museo, in un doveroso e commosso omaggio a uno dei più grandi attori della storia, Robin Williams - e notate che non ho aggiunto alcun aggettivo limitativo al termine “attore”, che in questo caso merita assolutamente la A maiuscola), e per concludere The Doctor and the Dinosaurs (2013, dove alla nostra congerie di improbabili eroi si aggiungono anche temibili creature del lontano passato della Terra).
Spero proprio che questo breve excursus su parte della carriera di uno degli scrittori di fantascienza più sottovalutati in Italia (nonostante alcune encomiabili riscoperte, anche recenti, da parte di lungimiranti editori) vi abbia stimolato ad andarvi a ricercare quel poco che si trova di lui nella nostra lingua (tutti i suoi romanzi sono più o meno godibili, sempre divertenti e fantasiosi, e meritevoli di lettura), in attesa che altre sue opere raggiungono le nostre sponde.
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