Ho letto qualche giorno fa un intervento di Elena Stancanelli nella rubrica “Parla con lei” (ecco l'articolo) di Repubblica on line dal titolo Caro Camilleri, il noir non siamo noi”.

La scrittrice confutava il pensiero di Andrea Camilleri che in un'intervista si era espresso sulla funzione attuale del noir. “Il noir è il nuovo romanzo sociale. Se Victor Hugo fosse vivo, oggi scriverebbe noir”.

Stancanelli sostiene che il noir non rappresenta la società e gli storici che indagheranno in futuro sul nostro presente troveranno risposte ai loro quesiti in autori come De Lillo, Foster Wallace, Roth che indagano le relazioni fra uomini e donne.

Indegnamente, mi inserisco nella discussione. Trovo che nella critica letteraria e negli autori di letteratura mainstream ci sia ancora molta supponenza nei confronti della narrativa “altra”. Prova ne è che alcuni scrittori che hanno trovato il successo con il noir ci tengono a dire in pubblico che i loro romanzi non sono veri e propri “gialli”, ma qualcosa di più o di diverso, che sono scrittori a tutto tondo e non di genere. Sembra quasi che se ne vergognino.

A parte questo, trovo che i grandi contrasti sociali, la trasformazione delle città e di certe aree del nostro paese da un punto di vista economico, politico, sociale sono narrate magistralmente da autori di noir (o come si vogliano chiamare). Pensiamo, tanto per fare qualche nome, a Carlotto che da anni ci racconta la trasformazione del nordest, gli esperimenti nucleari in Sardegna, la criminalità che sta diventando sempre più internazionale.

La documentazione dei fascicoli giudiziari, dei referti medici, dei rapporti di polizia, in questi casi è alla base delle opere di narrativa come dell'attività del giornalista d'inchiesta. Cito anche Macchiavelli, che segue dagli anni '70 i cambiamenti della sua città, Bologna. Nella sua enorme produzione non manca un romanzo pubblicato sotto pseudonimo e che fu ritirato appena uscito sotto pseudonimo, “Strage”, che Macchiavelli scrisse sulla strage di Bologna del 2 agosto 1980.

“Ho immaginato un'ipotesi da scrittore per offrirla a chi forse non avrà mai una spiegazione da un tribunale. Ma è una spiegazione verosimile, che parte dai documenti. Ho letto faldoni alti così. Il compito di un narratore è esplorare il non detto nelle pieghe del detto.” (Loriano Macchiavelli)

Se non è romanzo sociale questo, qual è?

Per non parlare dei grandi autori spagnoli come Manuel Vàzquez Montalban, Francisco Gonzales Ledesma (non so per quale motivo sconosciuto anche a molti appassionati del noir) o dei francofoni Pierre Lemaitre, Jasmina Khadra, Serge Quadruppani, del greco Petros Markaris.

Stancanelli termina dicendo che nei noir le donne sono presenti come “femme fatale” o vittime.

Nel noir italiano è ancora così, forse perché gli scrittori sono quasi tutti uomini. Non c'è ancora un personaggio forte come la Petra Delicado di Alicia Gimenez Bartlett.

Ma questo è un altro discorso che merita di essere trattato separatamente.