Vi siete mai chiesti perché secondo la Chiesa l'avidità è un peccato mortale? Noi di Real Crime adesso vi raccontiamo perché di avidità si muore, ma anche perché si uccide.
Terracina, città d’arte, di 44.000 abitanti, della provincia di Latina. Fu il luogo, come racconta Omero, dove approdò Ulisse, prima di scalare il promontorio del Circeo. Una bella e sorridente località marina, con lungomare, spiagge, villette e residence. Ci sono anche delle strade che dalla costa salgono verso la zona interna. Lungo una di queste strade, sorgono alcuni agglomerati urbani. Uno di questi è Borgo Hermada. Formato da alcune palazzine, edificate proprio lungo la strada.
Sono quasi le 21,00, del 18 novembre, in via Macchia di Piano, gli abitanti sentono dei botti, e poi un tonfo. Si affacciano alle finestre. La scena ai loro occhi è chiara: una vettura, ed esattamente una fiat panda, è finita nel limitrofo canalone che delimita la strada. Tra gli spettatori di quella scena c'è chi si preoccupa di portare soccorso all'automobilista finito nel fossato e chiama i vigili del fuoco.
“Pronto vigili del fuoco”
“Buonasera. C’è un vettura che è finita in un canale”
“Da dove telefona”
“Terracina, Borgo Hermada”
“Ci sono feriti?”
“Si, c’è un uomo dentro la vettura”
“Va bene stiamo arrivando”
I vigili del fuoco giungono a sirene spiegate sul luogo dove è stato richiesto l’intervento. Scendono dal mezzo ed immediatamente si accorgono che dentro la Fiat Panda c'è un cadavere e la vettura è stata attinta da colpi d'arma da fuoco. A quel punto interrompono l’attività di rimozione del veicolo. Immediatamente chiamano una volante della polizia e gli segnalano l’evidenza.
La vicenda da quel momento prende un’altra piega. Non si tratta più di un semplice conducente che perde il controllo del veicolo e termina la corsa dell’auto dentro un fossato. E’ inutile chiamare l’ambulanza, l’uomo dentro la vettura è morto. Non è un lavoro per la Polizia Stradale, necessita la Polizia Scientifica, i fori che hanno attinto la vettura sono evidenti. I poliziotti della volante con i fari cercano affannosamente i bossoli, ma non li trovano.
Questo è un caso che deve interessare la sezione di polizia giudiziaria del Commissariato di Terracina e la sezione omicidi della Squadra Mobile di Latina, il cui personale appena giunge comincia da subito ad operare sul posto.
Il primo dato che acquisiscono gli inquirenti è l’identità della vittima. Si tratta di Vincenzo Del Prete di 45 anni, nato a Gaeta, commerciante ittico, con precedenti penali per traffico di stupefacenti. La prima supposizione che gli investigatori formulano è che la vittima stesse rientrando a casa e che gli sconosciuti killer lo attendessero proprio nei pressi della sua abitazione per freddarlo. La scientifica dopo ore di ricerca, non trovando bossoli esplosi, ha già una verità: “chi ha sparato aveva un revolver, che a differenza delle pistole automatiche non espelle i bossoli.” Dall’analisi della scena del crimine e da una ispezione cadaverica è chiaro che i colpi sparati sono sei. Ciò è in perfetta coerenza con i colpi che di solito può camerare un comunissimo revolver.
Gli inquirenti iniziano immediatamente a svolgere dei sopralluoghi e delle perquisizioni proprio a casa della vittima. Incredibilmente, proprio nei pressi dell’abitazione, che non è distante dal luogo del delitto, trovano un coltello. Non capiscono immediatamente quale possa essere il nesso, ma sono convinti che può essere collegato all’omicidio, pertanto lo sequestrano.
Dopo le ricerche visive i poliziotti cominciano a sentire i vicini di casa. Chiedono delle abitudini di Vincenzo Del Prete, chi frequentasse la sua abitazione, se c’erano donne nella sua vita. Tra le domande a cui sottopongono i testimoni ve ne sono alcune che riguardano le fasi dell’agguato.
Uno dei vicini, dà delle informazioni molto dettagliate su una vettura. Afferma che due giorni prima della brutale esecuzione, nella zona aveva notato una Lancia Y scura con due uomini a bordo.
I poliziotti cominciano a fare delle supposizioni. In base ai precedenti penali della vittima, sospettano che l’omicidio possa rientrare all’interno di un regolamento di conti nell’ambito del mondo dello spaccio di stupefacenti. Bisogna scavare ed indagare negli interessi di Vincenzo Del Prete, capire gli ultimi momenti ed i suoi interessi.
I poliziotti hanno in mano il verbale delle dichiarazioni del vicino che ha indicato la Lancia Y scura, quella con due uomini a bordo nei pressi della zona un paio di giorni prima, e le indagini ripartono proprio da quel punto. Interrogano i database a loro disposizione e scoprono che una vettura dello stesso modello marca e colore era stata denunciata come rubata da una donna di Aprilia. Quella vettura denunciata, simile per modello e colore a quella sottratta è un elemento rilevante, può essere la stessa con la quale si sono mossi gli assassini, almeno nella prima fase della pianificazione dell’omicidio. Non perdono tempo e convocano in questura la denunciante. Evidentemente la storia del furto dell’auto non li convince, ci sono troppe e strane coincidenze.
Gli uffici della Squadra Mobile per la donna non sono sicuramente un posto nel quale rilassarsi. Gli investigatori fanno continue domande, chiedono spiegazioni e particolari di quello strano furto. La donna si sente sotto pressione ad un certo punto cede. Riferisce tra le lacrime di essere stata spinta a presentare una falsa denuncia di furto dal cognato, tale Gianpiero Miglietta.
I poliziotti non perdono tempo, vanno ad Aprilia e rintracciano Gianpiero Miglietta. Lo caricano in auto e lo portano nei loro uffici. Gli chiedono della vettura e quando l’uomo comincia a dare spiegazioni vaghe gli mettono sotto il naso le dichiarazioni della cognata. L’interrogato le respinge, e sostiene che la Lancia, di solito, era usata dal cognato, Tommy Maida, ed aggiunge che quest’ultimo era solito frequentare un ex carrozziere di Borgo Faiti, Roberto Bandiziol, avvezzo a maneggiare le armi.
La donna non ci sta, dopo aver ammesso la falsa denuncia di furto della Lancia, torna in questura e riferisce agli investigatori della Mobile che a uccidere Del Prete è stato Miglietta.
A questo punto sembra che la fitta nebbia sul caso dell’omicidio di Vincenzo del Prete, comincia a diradarsi. I poliziotti della Mobile hanno dei nomi su cui indagare e tutto è partito dalle dichiarazioni di una donna che ammette una falsa denuncia di un'auto, il cui modello è simile a quello segnalato dal vicino.
E’ obbligatorio per gli inquirenti approfondire le personalità dei soggetti coinvolti in questa storia. È necessario, tra le altre attività, passare allo studio dei tabulati telefonici.
E’ proprio con lo studio del traffico dell’utenza mobile dell’ex carrozziere pregiudicato che si acquisisce un dato molto importante, ovvero, che la notte del delitto il telefonino di Roberto Bandiziol aveva agganciato le celle telefoniche vicine alla casa di Del Prete, e contattato tale Marino Cerasoli e Tommy Maida.
Se è chiaro chi sia Tomy Maida, per i poliziotti necessitava comprendere chi fosse Marino Cerasoli. Secondo le notizie acquisite il sospettato ha 49 anni, ed è un agente commerciale di San Felice Circeo. Quest’ultimo non è uno sconosciuto agli atti della Questura, infatti ha alle spalle diverse denunce per truffe e malversazioni. La domanda che si pongono gli investigatori è: “Che rapporto c’è tra quest’ultimo e la vittima?”
Avere dei dati di traffico telefonico così salienti e non comprendere i nessi tra i vari soggetti è come avere delle tessere di un puzzle e non poterle unire tutte perché ti rendi conto che ancora il puzzle non è completo.
Allo stato delle indagini gli inquirenti però hanno materiale probatorio utile per arrestare Gianpiero Miglietta e Tomy Maida. Le dichiarazioni della donna legata a Tomy Maida e i tabulati telefonici sembrano sufficienti per convincere il Pubblico Ministero al fermo dei due.
Siamo nelle prime ore di una mattina molto pesante per i due arrestati. Gianpiero Miglietta e Tomy Maida si trovano ammanettati dinanzi ai poliziotti della Questura di Latina. Hanno letto il motivo del fermo. Sono accusati di aver compiuto materialmente l’omicidio di Vincenzo Del Prete. Le accuse sono molto ben circostanziate. Tomy Maida crolla e fa le prime più importanti ammissioni: accusa il 37enne Gianpiero Miglietta di aver materialmente premuto il grilletto contro Vincenzo Del Prete e poi afferma che il coltello ritrovato nei pressi dell’abitazione della vittima è suo. Lo ha perso durante un sopralluogo effettuato con il suo complice per studiare i movimenti di Del Prete.
Miglietta, invece, rimane in silenzio. Si sarebbe costruito anche un falso alibi, facendo presentare con il suo nome, la notte dell’omicidio, un conoscente al pronto soccorso di Aprilia, per essere visitato.
I due esecutori materiali restano in carcere ma le indagini per scoprire i mandanti dell’omicidio continuano ininterrottamente. La svolta avviene con l’arresto di Roberto Bandiziol 55 anni, e di Marino Cerasoli 49 anni. I poliziotti non hanno dubbi, sono loro ad aver armato la mano dei due killer. Sarebbe stato Bandiziol, a consegnare ai due, alla periferia di Latina, la pistola che ha sparato a Borgo Hermada. L’arma sarebbe stata poi riconsegnata allo stesso Bandiziolol dopo il delitto. Secondo la ricostruzione degli investigatori inoltre, il movente sarebbe da ricercare in una somma consegnata da Del Prete a Cerasoli affinché quest’ultimo li investisse per ottenere un alto profitto. A quanto pare la vittima, ad un certo punto non si fidava più del suo investitore per cui chiedeva insistentemente indietro la somma.
Cerasoli non era più in grado di restituire la somma e commissionava l’omicidio del creditore. Secondo le dichiarazioni di Tomy Maida fatta ai poliziotti della Squadra Mobile è per questo motivo che Vincenzo Del Vecchio “andava eliminato”
Questo che noi di Real Crime come al solito vi abbiamo raccontato è un caso vero. Vincenzo Del Vecchio viene ucciso perché ha un obiettivo, accrescere il suo capitale, con degli investimenti leciti ed ordinari. Chiaramente per soddisfare il desiderio dell’avere di più, l’uomo ha affidato i suoi soldi a dei criminali, i quali invece di restituire il capitale investito, con i lucrosi interessi promessi, gli hanno tolto qualcosa di più prezioso dei soldi e dei suoi progetti di smodato guadagno, la vita.
(un ringraziamento a Gio Di Falco)
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