Da oggi nei migliori bookstore on line è disponibile Hamburger Connection, quinto volume del ciclo Sex Force curato da Stefano Di Marino per Delos Digital. Questa volta la firma è di Francesco Perizzolo, nome noto ai lettori di ThrillerMagazine per alcuni racconti gentilmente donati in questa sede e ai lettori di Segretissimo e Cronaca Vera per alcuni racconti pubblicati su carta.
Abbiamo incontrato questo giovane e promettente autore per parlare di questa esperienza “estrema”.
Dopo “Segretissimo” e “Cronaca Vera” è ora il turno di “Sex Force”: possiamo dire che Francesco Perizzolo incarna alla perfezione l’ideale dello scrittore pulp?
Se parliamo della considerazione che ho di me stesso, direi di no. Rientro nel genere, ma il perfetto scrittore pulp deve avere un’artigianalità che io ancora non ho. Ci vuole qualità, quantità, esperienza... TANTA ESPERIENZA E GAVETTA. Ci sono ben altri nomi che incarnano alla perfezione questo ideale, e penso ad esempio al curatore di Sex Force: Stefano Di Marino è l’esempio più lampante e io ho ancora talmente tanto da correre per intravederlo anche solo in lontananza che non oso nemmeno pensarci. Oppure pensate a Andrea Carlo Cappi, a Jack Narciso, tutti grandi artigiani.
Per quanto riguarda me, mi è sufficiente che il mio lavoro sia godibile e faccia trascorrere del tempo ai lettori immergendosi in atmosfere a loro congeniali. Se devo dirla tutta mi sta un po’ sulle scatole il termine “scrittore”: si porta dietro tanta e tale retorica egocentrica e snob che mi viene l’orticaria. Se posso scegliere, meglio il termine “narratore”.
Parlaci un po’ del tuo nuovo personaggio di “Sex Force”.
Il protagonista si chiama Kiko Dias, detto il Tanque (carro armato, in portoghese). È un ex lottatore di mma e brazilian jiu jitsu che è stato costretto a fuggire dal Brasile per una vicenda legata alla malavita locale. Approdato in Europa, ha intrapreso la carriera di porno attore venendo reclutato dalla Signora, Amanda Farris, la proprietaria della Hot Dreams. Questa agenzia di spicco del cinema XXX svolge in realtà un altro genere di attività “coperta” che scoprirete leggendo i racconti. Kiko ha un fisico imponente, tipico del lottatore, una bella faccia da schiaffi e tutti i tratti tipici di chi è cresciuto in una favela: sveglio, senza troppi scrupoli ma con un codice etico ben delineato, abituato a vederne di ogni e a godere di ogni minimo aspetto positivo riservatogli dalla vita. Insomma, un poco di buono che però è in fondo anche buono. Credo che sia facile affezionarvisi. O almeno lo spero!
Preveniamo le solite facili critiche: la tua serie di racconti in collana è “maschilista”?
La collana si chiama Sex Force e a me sembra già esaustivo... Ci sono sparatorie, intrighi, scene forti, anche di sesso molto esplicito. Fra gli autori c’è anche una ragazza, e sono state diverse le donne che si sono candidate per scrivere in questa serie. Sex Force credo abbia come target base un pubblico composto da maschi adulti eterosessuali con tutto ciò che ne consegue, ma sono certo e convinto che il bacino d’utenza sia ben più ampio e includa molti rappresentanti del sesso femminile che conoscono la differenza fra “maschile” e “maschilista”.
Detto ciò, le accuse di maschilismo sono sempre dietro l’angolo: sono facili, comode, un po’ ipocrite, adatte a riscuotere un consenso superficiale, poco concreto, massimalista. Proprio per questo non me ne curo. Vi faccio un esempio: una lettrice che non conosco mi ha appena scritto riguardo il mio racconto incluso nell’antologia Un giorno a Milano (notizie/14576/). In questo racconto il protagonista è Doc, che avete già visto in vari racconti anche su ThrillerMagazine. Anche in questo libro spara, mena e uccide. L’ignota lettrice in questione mi ha detto che ha trovato il personaggio «molto dolce nella sua vendetta». Ecco, contro le accuse di maschilismo strumentali io ripongo la mia speranza in questo altro genere di pubblico: quello femminile, vivo e vitale, che non ha più voglia – se mai ne ha avuta – di buonismi e sentimenti a basso costo.
Le arti marziali sono elemento basilare della tua narrativa: quanta importanza hanno nella tua vita?
Un’importanza vitale! In questo momento, mentre scrivo, sono fermo da due mesi per un infortunio al ginocchio sinistro e sto letteralmente impazzendo. Di notte a volte sogno di combattere con i miei fratelli sul tatami, credo capirete in che condizioni di disperazione io sia. Lottare fino a che non si riesce più ad alzare un mignolo insegna molto, in primis il rispetto per gli altri e l’onestà. Certo, se poi uno è scorretto per natura non ci si può fare molto e ci rimane solo il piombo rovente! Scherzo, ovviamente. Aggiungo un particolare che si ricollega alla domanda precedente: in mezzo a noi bufali, ci sono anche alcune ragazze che si allenano come tigri. Sono quasi tutte di corporatura minuta, estremamente femminili nonostante i soliti luoghi comuni senza fondamento, e sono pure delle campionesse: se mettiamo insieme tutte le medaglie che continuano a vincere a livello internazionale ci lastrichiamo piazza Mercanti. Sono talmente orgoglioso di allenarmi con loro!
Secondo te c’è molta differenza tra scrivere e combattere?
La stessa differenza che passa fra il giorno e la notte, a mio modo di vedere. Nel processo di scrittura c’è una socialità completamente diversa, tempi sfalsati rispetto al qui e subito di un combattimento, la possibilità di rileggersi e correggersi, censurarsi, irridersi, insultarsi, esaltarsi, tornare indietro... Quando combatti di tempo non ne hai, a parte quello del timer che prima o poi suonerà. Certo, quando l’avversario ti intrappola in uno strangolamento sarebbe comodo tornare alla pagina precedente e non andare ad infilarsi in quella situazione, ma non è possibile. Oltretutto a noi piace così... Noi del bjj amiamo buttarci di testa dove tanti altri non vogliono mettere nemmeno un piede.
Per finire, consigliaci un buon action thriller che hai letto di recente.
Non ho alcun “buon” libro da consigliarti. Ne ho invece due ottimi. Il primo è La triade di Shanghai di Stephen Gunn, alias Stefano Di Marino. È in edicola adesso, ovviamente per Segretissimo. Conosciamo tutti il Professionista ed essendo una leggenda vivente non c’è bisogno che ne parli io, ma da fan consumato devo dire che leggendo la sequenza iniziale sono saltato sulla sedia – come quando uscì Tiro all’italiana [Segretissimo 1561]: ho ritrovato tanti luoghi di Milano in cui giro tutti i giorni, descritti in modo vivido e feroce come piace a me. Quindi la segnalazione è d’obbligo.
Il secondo libro non appartiene allo stesso genere, ma me ne infischio senza fare complimenti: Il labirinto ai confini del mondo di Marcello Simoni. Non l’ho ancora finito, ma fin dalla prima riga ho avuto conferma di alcune mie convinzioni: Simoni è un abile artigiano della scrittura, non perde un colpo, è sempre credibile e verosimile pur traboccando immaginazione, è documentato ma equilibrato senza mai scivolare nella pedanteria accademica. Nel genere “storico” in cui si mescolano tratti del giallo, del thriller e dell’action, direi che è il mio preferito. Se poi posso essere crudo e poco fine come mio solito, non ho mai sentito Simoni “menarsela” o “tirarsela” e questo gli fa onore.
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