«Allora?» domandò. «Per quale motivo mi tenete imprigionato? Cosa volete da me?»

I modi di Varian indicavano una notevole cultura e le parole della sua risposta furono indubitabilmente coerenti: «Ve lo dirò. In primo luogo, non c’è nessun errore di persona. Siete un medico praticante e questo mi basta. Ho scelto casualmente il vostro nome, ieri sera, dall’albo dei medici. Chiunque altro della vostra categoria sarebbe servito al mio scopo. La mia scelta è caduta sul vostro nome semplicemente per caso. Il fatto di averla chiamata per venire qui per una diagnosi medica è stato, evidentemente, un trucco, un inganno. Sto benissimo di salute, sia di mente che di corpo».

«E allora, per amor del Cielo, cosa volete da me?»

«Avete chiesto una spiegazione e l’avrete. Tutti gli altri l’hanno avuta, perché non dovrei darla anche a voi?»

«Gli altri?» domandò Nasmyth sconvolto dall’orrore.

«Gli altri» ripeté Varian con soddisfazione. Estrasse un portasigari e ne offrì il contenuto al prigioniero, che però rabbrividì. Il vecchio, sorridendo, scelse con cura un Londres e lo accese.

«Quali altri?» chiese nuovamente il dottore con un singulto.

«Quelli che vi hanno preceduta in questo luogo, ovviamente» rispose lentamente il vecchio sollevando una voluta di fumo. Incrociò comodamente le gambe e si appoggiò allo schienale della sedia osservando la vittima con attenzione. «Credo siate informato della strana sparizione di numerosi medici e chirurghi da New York nel corso degli ultimi diciotto mesi. Ricorderete di come sembravano tutti essersi improvvisamente recati all’estero, senza aver sistemato i loro affari in sospeso, i loro pazienti, per poi scomparire in una qualche sciagura, come un incendio, un’alluvione, simili cataclismi».

«E allora?» sbottò Nasmyth con rabbia, ancora attaccato seppur quasi senza forza alle sbarre della gabbia.

«Ognuno di loro» riprese Varian con un sorriso, «a un certo momento ha preso posto in questa identica gabbia, che ora si onora della vostra presenza. Tutti hanno fallito la prova e quindi mi hanno costretto mio malgrado - dato che, dottore, in realtà io mi considero un individuo generoso e solidale con il prossimo - ad accelerare la loro dipartita da un mondo che certamente godrà grossi benefici dalla loro assenza».

«Ma è orrendo! Impossibile!» ansimò Nasmyth, incapace di credere alle proprie orecchie. Quell’uomo evidentemente doveva essere affetto da una grave forma di megalomania, di una qualche ossessione di potere.

«Non è né orrendo né impossibile» replicò Varian. «Direi che è l’esatto contrario. Alcuni anni or sono, nel 1908 per essere esatti, un chirurgo mi ha fatto un torto tremendo ed irreparabile, non per malizia, ma per ignoranza, stupidità e cattivo giudizio. Dopo averci riflettuto a lungo, sono giunto alla determinazione di trascorrere il resto della mia esistenza a mettere alla prova l’intelligenza dei medici praticanti.

«I soldi non sono un problema, perché ne ho abbastanza, più che a sufficienza. Ho speso molto tempo e denaro per allestire questo luogo, dove le mie ricerche non venissero disturbate in alcun modo; a maggior ragione ne ho spesi anche di più per giustificare la scomparsa degli uomini che non avevano avuto successo nella prova. È stato un compito lungo e molto faticoso, ma i risultati ottenuti giustificano lo sforzo compiuto. Finora, nessun medico è mai riuscito a superare il test. Di conseguenza, tutti sono stati eliminati da una società che sarebbe stata solo danneggiata dal loro perdurare in vita e...»

«Non può essere!» esclamò Nasmyth preda di un estremo orrore.

«E invece è del tutto vero, le assicuro» sorrise l’altro, dimostrando una coscienza evidentemente assolutamente in pace con se stessa e con il resto del mondo. «Se insiste, posso fornirvi i dati completi come prova di quanto affermo. Prendiamo Henderson, per esempio. Giunse qui l’11 agosto del 1912, insistendo perché la prova fosse accelerata - disse che attendere gli interi dieci giorni lo avrebbe fatto impazzire - la fallì e fu eliminato alle 8.45 della sera del 17 agosto.»

Varian produsse dal taschino una piccola agenda ricoperta di pelle rossa, girò le pagine con la punta del pollice e proseguì.