A quella vista il medico fu travolto da una sensazione di debolezza tremenda. Sollevò istintivamente tutte e due le mani e le ampie maniche del kimono, allargatesi come ali di pipistrello, intercettarono la roteante fiala di morte.

La sentì sbattere contro la leggera imbottitura della manica destra e qualcosa cadde sopra il morbido cotone bianco delle calze; poi, con un lieve tintinnio, la fragile capsula di vetro rotolò lungo il pavimento e si fermò.

Con un grido Varian si precipitò verso di lei, ma Nasmyth gli fu addosso. Con un balzo il medico colpì con tutta la forza rimastagli la mascella mascherata del pazzo. Varian cadde indietro imprecando.

Ne derivò una lotta terribile. Indebolito dalla detenzione e dalla tortura nervosa subita in quei giorni, Nasmyth riuscì a trattenere solo per qualche attimo il suo avversario.

Ruzzolarono a lungo sul pavimento, in mezzo a grugniti, colpi, prese, morsi. A ogni istante corsero il rischio di finire sopra la fialetta e schiacciarla. Tutta la sorprendente energia del pazzoide era concentrata su quell’unico obiettivo, infrangere la fiala, tutta quella di Nasmyth nell’impedirglielo.

Il lungo kimono si strappò in varie parti, e il respiratore venne divelto dal volto del vecchio dalla disperata resistenza di Nasmyth.

«Se io muoio, morirete con me!» ansimò lottando per trovare una presa vitale sul vecchio. Quest’ultimo provò a stringere la gola del rivale, ma il dottore spostava in continuazione la testa per impedirglielo. Lottando come una belva, alla fine riuscì a tenerlo a distanza e per due o tre volte riuscì a colpire in pieno volto il maniaco.

La stretta di Varian diminuì e con uno sforzo supremo il medico riuscì a liberarsi.

Nella mano del vecchio restarono soltanto lunghe strisce di seta, mentre Nasmyth si rialzava e colpiva di nuovo il rivale. Poi, in un istante di libertà, barcollò verso la fiala, la raccolse e corse verso la porta.

Con incredibile agilità e forza il vecchio gli si gettò alle calcagna, gridando come tutti i demoni dell’abisso. E proprio sulla soglia lo raggiunse.

Ruotando, Nasmyth lasciò partire un pugno destro alla cieca verso gli occhi del rivale e il rumore sordo del colpo finito a segno fu come musica per le sue orecchie.

In mezzo alla confusione del momento percepì Varian indietreggiare e il destino rimase in bilico per un secondo. Sollevò il braccio sinistro con la fiala e con tutta la forza residua la scagliò contro la parete sotto il pendolo.

Proprio mentre il pazzo, riavutosi, si scaraventava nuovamente contro di lui, oltrepassò la soglia e chiuse di scatto la porta alle sue spalle. Il catenaccio scese al suo posto con un forte clangore metallico.

Fu raggiunto dall’eco di un grido strozzato, rimasto a mezz’aria, seguito da un silenzio terribilmente eloquente.

Nasmyth rimase lì, bianco come il latte, con le labbra esangui, gli occhi sbarrati, il corpo attraversato da scosse e tremiti inarrestabili. Poi si girò verso le scale fiocamente illuminate davanti a lui.

Mosse tre o quattro passi verso di esse, lungo una specie di corridoio. Poi fu travolto da una risata irrefrenabile che montò lungamente prima di esplodere in un folle e orribile delirio divertito.

Come era nata, la risata morì d’improvviso.

«Libero! Libero!» boccheggiò in un sussurro strozzato.

Strinse le mani attorno alla testa che bruciava, fece un altro passo e - una volta persa ogni residua scintilla di energia - affondò sulle ginocchia e cadde con la faccia in avanti, privo di conoscenza.

FINE