Nel settimo capitolo del Falco Maltese di Dashiel Hammett c'è una specie di parabola raccontata da Sam Spade a Brigid O'Shaughnessy: si tratta della vita di tale Flitcraft, il quale "esce dalla propria vita e scompare" dopo essersi accidentalmente salvato dalla caduta di una trave. Un centimetro in più e sarebbe morto: la cosa lo scuote profondamente e da quel momento Flitcraft mette radicalmente in discussione la propria vita fino a quel momento, capendo che il mondo è governato dal caso e che ad esso dovrà adeguarsi.
E' partendo dalla vicenda di Flitcraft che Sydney Orr, il protagonista de La notte dell'oracolo, riprende a vivere. Orr è uno scrittore appena scampato a una malattia che è stata lì lì per ucciderlo e ora sta lentamente riprendendo possesso della propria vita. L'amico e mentore John Trause lo instrada sul sentiero giusto per scrivere una storia del tutto simile a quella di Flitcraft; l'acquisto completamente casuale di un taccuino blu presso la cartoleria dell'enigmatico Mr Chang è la spinta definitiva che lo mette di nuovo in corsia, rendendolo nuovamente capace di abbeverarsi alla sorgente creativa che riteneva ormai prosciugata. Il taccuino blu diventa quasi un'ossessione e risucchia completamente le energie di Orr, ma al tempo stesso il manufatto possiede l'inquietante potere di mostrare al protagonista, come in uno specchio, i parallelismi tra la vita che sta scrivendo e quella che sta vivendo; in un paio di occasioni Orr arriverà addirittura a scrivere un avvenimento prima che questo accada nella sua vita reale. Un'esistenza, peraltro, che si dimostrerà molto meno limpida di quel che credeva, perché il rapporto con la moglie Grace è minacciato da ombre impalpabili, mentre l'amico John Trause forse non è poi così amico. Per non parlare della sua turbolenta prole...
La notte dell'oracolo parte bene, come un torrente in piena, lanciatissimo nell'alveo di questa "storia nella storia" in cui lo scrittore narra del suo Flitcraft, il quale a sua volta a che fare con un volume intitolato esso stesso La notte dell'oracolo (giusto per confondere ulteriormente i piani). Nel seguito il romanzo si scompone in una serie di rivoli narrativi destinati a raccogliere frammenti di narrazione: l'abbozzo di una sceneggiatura fantascientifica mai portata a compimento, la narrazione di tragici episodi della seconda guerra mondiale, fino alla conclusione in cui Orr leggerà nel taccuino blu come in un oracolo e tirerà le fila dei misteri della sua vita, come se egli stesso fosse il protagonista di un romanzo giunto al termine.
Chi già conosce Paul Auster ritroverà anche in questa prova recente tutta la sua prosa limpida, il suo gusto per l'autoreferenzialità (spesso i suoi protagonisti sono scrittori, come nella celebre Trilogia di New York), le sue descrizioni per l'amata Grande Mela. C'è anche un uso interessante delle note a piè di pagina, che frammenta ulteriormente la lettura del testo aprendo ulteriori digressioni con alcuni importanti flashback e storie parallele. Il limite principale del testo risiede nel suo perdersi in troppi rivoli narrativi senza mai riuscire a dar loro uno scioglimento narrativo: in particolare la storia di Flitcraft, se all'inizio sembra l'asse portante del libro, a un certo punto viene lasciata a metà, oltretutto nel corso di un intenso cliffhanger. Spiace insomma trovarsi al cospetto di un'opera che avrebbe potuto dare maggior compiutezza alla narrazione, senza per questo rinunciare alla sua sperimentazione postmoderna di storie dentro storie dentro storie, scatole cinesi e labirinti di specchi che si intersecano; l'impressione finale è che la materia stessa sia sfuggita di mano all'autore. Un libro comunque godibile e indicato particolarmente a chi già apprezza questo autore.
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